"Devalle 1940-2013"

Al Mart la prima retrospettiva su Beppe Devalle attraverso un excursus completo di 75 opere

[ Devalle 1940 -2013, Mart]

A pochi anni dalla scomparsa, il Mart dedica una importante retrospettiva a Beppe Devalle (Torino, 1940 – Milano, 2013), pittore e docente prima all’Accademia Albertina di Torino, poi all’Accademia di Brera di Milano. 

La mostra è un progetto corale coordinato da Maria Teresa e Jolanda Devalle, moglie e figlia dell’artista, che hanno favorito la nascita di un comitato scientifico d’eccezione, composto da studiosi che conobbero Devalle: Carlo Bertelli, Paolo Biscottini, Barbara Cinelli, Flavio Fergonzi, Daniela Ferrari, Maria Mimita Lamberti, Sandra Pinto, Giovanni Romano, Dario Trento, Alessandro Taiana.

Daniela Ferrari, curatrice del Mart, ci racconta gli anni ottanta dell'artista, il suo ritorno al "tavolo da disegno, alla regola, al canone, allo studio quasi accademico del concetto di raffigurazione": 

In una nota manoscritta datata 2012 e intitolata “Lo studio”, Beppe Devalle ricorda: 

Solo verso i 40 anni mi sono / accorto che se non avessi / affrontato la pittura / vale a dire dipinto / con le mie mani / un quadro dove il problema / era fare rivivere il passato / il mio passato, rievocare, / ritrovare un’impossibile gioia / dove anche le cose tristi, / ri-presentandosi, mi creavano / una sensazione di ‘senso di vita’

Dal 1980 ho iniziato la mia attraversata / del deserto. / Disegno / deux crayons / troix crayons / matite colorate / pastello / olio / acrilico / poi / poi / sino al 1992 / quando sono arrivato a Pessano / Via G. Galilei 12 / Olè! B.

Per tutto il corso degli anni Ottanta, Beppe Devalle torna al tavolo da disegno, alla regola, al canone, allo studio quasi accademico del concetto di raffigurazione. Complice di questo nuovo corso è un viaggio a Chicago nel 1980 in occasione del quale l’artista ha l’opportunità di accedere al deposito di disegni dell’Art Institute e osservare liberamente il segno dei grandi pittori del passato, da Rembrandt a Watteau, da Degas a Seurat: una folgorazione percepibile nelle parole dello stesso artista riportate nella bio-bibliografia ragionata redatta da Flavio Fergonzi alle cui pagine si rimanda il lettore.

Come un “desiderio feroce” ineludibile e imprescindibile, ciò significa per l’artista non solo virare la propria rotta verso lidi insospettabili, osservando i suoi lavori di poco precedenti – dominati dal fotomontaggio, dall’elaborazione grafica dell’immagine, dalla scomposizione strutturale della rappresentazione stessa – ma anche riconoscere un momento di crisi.

Per evitare ogni rischio di fraintendimento vale la pena soffermarsi sull’accezione del termine crisi e sul valore positivo in cui esso va inteso nell’economia di questi ragionamenti. Crisi nel senso della traduzione letterale dal greco κρίσις, ovvero decisione. Scelta non certo ovvia, anzi à rebours, quella di prendere in mano le matite, i pastelli e la gomma per ricominciare a guardare le cose con l’obiettivo di restituirne forma e composizione sulla carta secondo una norma che potremmo definire di recupero della storia, della tradizione, assecondando una tecnica pittorica non in linea con il gusto corrente.

Si tratta di un momento di rottura scaturito dalle sue riflessioni sul percorso intrapreso dall’arte a lui contemporanea. Devalle ne individua i limiti e matura una propria consapevolezza, un bisogno privato di rappel à l’ordre: l’unica possibile via da percorrere è un ritorno al mestiere, disciplinato da un rigore ortodosso, quasi spirituale.

L’artista amava citare la storia cinese che Italo Calvino narra in chiusura di una delle sue Lezioni americane, quella sulla rapidità: “Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c’era l’abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno di un granchio. Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d’una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora cominciato. ‘Ho bisogno di altri cinque anni’, disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò. Allo scadere dei dieci anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto”. 

Daniela Ferrari - curatrice del Mart

12/10/2015