Il popolo degli Yi

Le fotografie di Li Lang dedicate al popolo degli Yi di Liangshan in mostra a Vigolo Vattaro 

[ Monica Demattè]

La mostra sarà inaugurata il 5 agosto alle 20.30 presso l'ex chiesetta del Redentore, a Vigolo Vattaro e sarà visitabile fino al 13 agosto (dalle 20.30 alle 22.30).

La curatrice, Monica Demattè, così ci racconta l'estetica del fotografo cinese.

"Li Lang affronta con grande serietà qualsiasi cosa faccia. Non gioca con le parole, con i sentimenti né tanto meno con le immagini. Quando parla è tutto assorbito da quello che sta dicendo, la voce e lo sguardo contengono un forte pathos e un'intensità che raramente si incontrano nell'ambito di certa arte contemporanea. Ma poi è pronto a esplodere in risate sincere e prorompenti. Anche per questo mi piace, come persona e come fotografo.

Ebbi l'opportunità di conoscerlo meglio quando lo invitai a Vigolo Vattaro nell'autunno del 2007, per partecipare alla mostra "Visioni di Cina" al Centro Trevi di Bolzano. Camminammo insieme nel bosco, sotto i faggi, e nei campi, raccogliendo qualche noce caduta. La mattina si svegliava molto prima di me e andava in paese a bersi un caffè. Era felice di assaporare i piccoli piaceri quotidiani di un luogo come questo, tranquillo, di provincia.

Li Lang iniziò a fotografare all'inizio degli anni Novanta perché sentì impellente la necessità di esprimere il suo punto di vista - sebbene in maniera indiretta - su alcuni avvenimenti molto importanti e sconvolgenti che si stavano verificando nel suo paese. Fotografare fu fin dall'inizio per lui soprattutto il modo di comunicare la sua visione personale, catturata attraverso la lente, di ciò di cui era testimone.

La serie di cui qui esponiamo alcuni esemplari, dedicata al popolo degli Yi di Liangshan, lo ha reso famoso e gli ha fatto vincere la medaglia di eccellenza Motherjones per la fotografia documentaria nel 1999. Yi è il nome di una minoranza etnica e Liangshan è un'area montagnosa fra lo Sichuan, la patria di Li Lang, e lo Yunnan. Mi chiedo però se Li Lang si senta veramente un fotografo 'documentarista'. E' indubbio che le immagini riproducano le abitudini di vita degli Yi: il loro spostarsi a piedi da un luogo all'altro, il riposo sulla nuda terra quando si sentono stanchi, la passione smodata per i forti liquori locali, il gusto di farsi fotografare insieme agli amici. A me però sembra che il filo conduttore condiviso da ogni scatto più che una ricerca antropologica o sociologica sia l'intenzione di esaltare lo spirito di quei montanari e la loro spontanea capacità di convivere con l'ambiente naturale, spesso assai severo. Questa gente si muove nel paesaggio innevato come i pesci nell'acqua. Non ha paura della solitudine, sa dove andare e come difendersi dal freddo, grazie a un pesante poncho di lana che diventa alla bisogna una coperta, ed è in grado di attraversare un fiume camminando spavaldamente nell'acqua. Trova piacere in attività semplici, giocose, come pattinare sul ghiaccio con le semplici scarpe o assistere a una rappresentazione teatrale all'aperto. La sua sopravvivenza è fondata su abilità e conoscenze ormai dimenticate dalla gente di città. Li Lang sente la nostalgia di quella sapienza che è il risultato di migliaia d'anni di intimità con la terra. E' un sapere fatto di tanti piccoli accorgimenti mutuati dalla secolare simbiosi con l'ambiente, che consentono di smussarne gli aspetti più ostici.

Li Lang non ha mai vissuto in campagna: come la maggior parte degli intellettuali e degli artisti cinesi contemporanei è cresciuto in città (in questo caso Chengdu, il capoluogo dello Sichuan), ha studiato all'università di Taiyuan e poi ha iniziato a lavorare in varie altre metropoli. Ha in seguito vissuto parecchi anni a Guangzhou (Canton) dove era impiegato in una delle più importanti agenzie fotografiche del Sud della Cina. A causa del suo lavoro viaggiava molto, in Cina e all'estero, e in quei periodi era irraggiungibile, completamente immerso nel suo compito.

Quando venne in Italia nel 2007 sottolineò il fatto che, non conoscendola, non l'avrebbe fotografata perché non possedeva quella familiarità che permette all'occhio di andare oltre gli aspetti più evidenti e - quindi - più superficiali della 'realtà'.

So che, per portare a termine il progetto dedicato al popolo degli Yi, Li Lang ha passato molto tempo nella loro terra, soprattutto d'inverno, la stagione più dura. C'è andato numerose volte, ne è diventato amico ed è stato ammesso a condividere ogni aspetto della loro vita.

Li Lang parla spesso del 'mondo spirituale' che molti di noi sembrano ignorare. Quel mondo spirituale è invece presente, tangibile, nelle sue immagini, è l'espressione visiva di uno spontaneo, profondo rapporto con la natura. Gli Yi hanno volti, movimenti, atteggiamenti non sofisticati, e anche quando si mettono in posa davanti alla macchina fotografica sono sinceri, autentici.

Guardando le immagini di Li Lang ci rendiamo conto che i momenti da lui catturati hanno un'intensità e una profondità particolari, e anche se sono soggetti ai tempi del diaframma, comunicano una dimensione che ambisce all'eternità. Non percepiamo la velocità del fotografo, che gli ha permesso di catturare l'istante, ma un tempo che si espande fino a divenire infinito. Forse il termine più indicato per definire l'atmosfera di molte immagini è 'biblica': gli esseri umani non sono 'ospiti' di quei paesaggi sovratemporali, ma ne fanno parte a tutti gli effetti. Le sue immagini sono crude, severe, solitarie, spesso austere, soffuse di una poesia a volte venata di disperazione.

Eppure Li Lang spera in un mondo in cui gli esseri umani e la natura non siano nemici, non siano rivali, dove la vita umana venga governata dalle leggi universali della volontà di bene, invece che da interessi personali o nazionali, da fattori economici o dalla ricerca di fama e potere.

Spero che il suo sogno un giorno si realizzi".


31/07/2017