L'Europa in guerra. Tracce del secolo breve

Al Castello del Buonconsiglio di Trento la mostra che racconta tragedie e lutti della guerra, movimenti e singole persone che alla guerra si oppongono, soldati e anche ufficiali che alla morte si ribellano.

Dal curatore Piero del Giudice, una riflessione che conduce al cuore dell'esposizione.  

"L’idea iniziale di questa mostra è stata: fare una rassegna, mettere a parete le opere di una coeva arte popolare contro la guerra. Convinceva l’assunto che, essendo la stragrande parte dei fanti – dell’ operaio comune della macchina fabbrile della morte – analfabeta e semialfabeta, dovesse per forza cercarsi e irrompere in un canale espressivo, in una rappresentazione e una comunicazione altra da una scrittura non praticabile: un’arte popolare – dunque – proto-naif.

Non esiste, pare, un’arte popolare concernente la guerra (che non sia quella dell’addobbo funerario dei corpi mescolati alla terra, di barbari monumenti funebri nel sasso, del decoro barbarico per tombe improvvisate,
di segni invocativi incisi nella roccia, della primitività religiosa, dell’oggettistica apotropaica, di bracciali taumaturgici, di cuciture punti croce e decori per i sacchetti con le terre dei propri santi, di ex-voto infine,
ma già consegnati alla professionalità e al mestiere dei maestri votisti).

C’è stata una distruzione e una negazione. L’orchestrata ondata di una elaborazione del lutto nella dimensione eroica, tronfia sino all’insulto, la sconfitta del movimento operaio e della sua cultura nell’immediato dopoguerra,
la necessaria cancellazione e lo sgomento sino alla rimozione e al silenzio della memoria della strage nei sopravvissuti, hanno cancellato e censurato ogni traccia di espressione popolare, apertis verbis o balbettii
espressivi, vagiti che fossero.

Si è persa così qui quell’arte – contro la morte e la guerra – che trasmuta in segno non formato né accademico – rigettando l’adozione copista delle forme e delle regole accademiche – resa efficace ed eloquente nel gesto artistico, nella liberazione della creatività e nella forza dirompente del passaggio dallo stato emotivo alla forma – pubblica o privata – di un legno o sasso scolpito, di un disegno che evochi, di una pittura che commuova la rappresentazione.
Poteva essere, e non è stata, la strada percorribile per una rassegna d’arte, o di arti, contro la guerra".

Piero Del Giudice - curatore della mostra

13/04/2015