POESIA: la bellezza che non serve.

Prosegue giovedì 28 con "Il lettore e lo scrittore davanti alla letteratura oggi" presso l'Associazione culturale Antonio Rosmini la rassegna "Il punto su poesia e letteratura in Trentino" 

"E’ un titolo provocatorio, naturalmente - spiega Scappini -. Come un altro, di qualche anno fa, dato a un seminario sulla poesia, tenuto a Palazzo Firmian “A cosa serve la poesia? Mi piace pensare che in una società dove a dominare sono l’utile, il profitto, la fretta, la superficialità dei rapporti – incoraggiati e favoriti dai social network - ci si possa chiedere se la bellezza ha senso e quale spazio occupa nella nostra quotidianità. Parlo di bellezza in generale. E la poesia è una forma di bellezza, come ogni altra espressione artistica.

Diceva Hermann Hesse che anche la più piccola opera d’arte, uno schizzo di matita, una strofetta di quattro versi tenta sfacciata e cieca l’impossibile. Vuole chiudere il mondo in un guscio d’uovo…

La poesia serve, eccome. Tralasciando il piano personale, la ritengo un modo di fare politica nel senso più pieno. Oggi più che mai. In un tempo in cui la conflittualità sta esplodendo su tanti fronti in forme impensabili e drammatiche, essa rimane uno dei pochi canali di vita spirituale che ancora abbiamo in comune, un terreno universale che offre una possibilità di dialogo. In un recente pregevole librino, pubblicato da Nottetempo sulla guerra 1914-1918 “raccontata dai poeti” Andrea Amerio osserva che alla luce potente e risolutoria della poesia le pretese ragioni “culturali” di Triplice Intesa e Imperi centrali si dissolvono come neve al sole se solo immaginiamo APOLLINAIRE con la baionetta spiegata contro TRAKL, o MUSIL contro COCTEAU o MANDEL’STAM contro WITTGENSTEIN.

Purtroppo sono rimasti pochi gli editori coraggiosi che pubblicano poesia, alcuni prestigiosi Almanacchi hanno cessato di esistere, sulle pagine culturali e tra gli addetti ai lavori si allude ad essa come ad un capitolo doloroso della nostra storia letteraria, nonostante si riconosca la voce dei poeti come quella che più resiste all’omologazione e allo svuotamento di senso del mondo. E’ vero che gliultimi decenni, dal punto di vista poetico, sono difficilmente classificabiliin tendenze e correnti organizzate. Il panorama è fluido, in continua trasformazione. Come è innegabile la crisi dellacritica a partire dalla metà degli anni Settanta in poi. Dopo la poesia dell'impegno degli anni Cinquanta-Sessanta, dopo la neo-avanguardia, dopo il formalismo, la poesia si libera dal peso del giudizio critico e autocritico per una stagione di "democrazia poetica", in cui essere poeta diventa un diritto da difendere. Alla crisi della critica si accompagna anche una profonda trasformazione dell'industria editoriale in impresa di marketing: l'influenza delle scelte editoriali e di un ufficio stampa diventano decisamente più importanti di quella di qualsiasi critico. Inevitabile che la critica si abbassi a livello di opinionismo riducendosi spesso a scambio di cortesie tra colleghi scrittori/critici (ma non è anche questo conflitto d’interessi?).

Personalmente vorrei tanto che si facesse strada o, meglio, che tornasse a farsi strada tra le persone comuni la convinzione che la poesia le riguarda a pieno titolo in quanto essa cerca di custodire e di dare senso al mondo. Che la poesia, insomma, come coscienza di movimento verso l’altro non può non riguardare ciascuno di noi - conclude Scappini".

Nadia Scappini - poetessa e scrittrice

20/01/2016