Stemmi di orefici per le strade di Trento

Un nuovo contributo alla scoperta del patrimonio culturale diffuso della nostra città

Percorrendo le strade della città, nelle antiche contrade dove avevano residenza genti aggregate da una stessa provenienza o fede religiosa, troviamo traccia di due importanti orefici del passato.

In via S. Maria Maddalena, al numero civico 1, abitava la famiglia Consolati, alla quale apparteneva l’orefice Vincenzo (1527-1609), elevato a nobile nel 1603 da Rodolfo II d’Asburgo. Sopra l’architrave del portale d’ingresso è posizionata un’ampia finestra; sul cornicione superiore due cornucopie straripanti di fiori e frutta si dipartono dalla cornice di uno stemma sbrecciato dai bombardamenti del conflitto mondiale. È lo stemma di famiglia, rappresentato inquartato, nel primo e nel quarto riquadro con il leone d’oro con la coda bifida, nel secondo e nel terzo trinciato verticalmente di rosso, oro e azzurro, e troncato d’oro e argento. Il cimiero, distrutto, doveva rappresentare un’aquila nera su di un cartiglio d’argento.

In via S. Pietro, al numero civico 57, ora Palazzo De Ferrari (precedentemente Gentilotti), si trovava un tempo la casa della famiglia di orefici Guarinoni. Nicolò Guarinoni (1415-1505 ca) giunge nel 1445 dalla Valtellina e a Trento dà avvio alla sua attività che negli anni coinvolgerà anche il figlio, Antonio, e il nipote Battista. Nel 1582 Rodolfo II concede loro la nobiltà. All’interno del Palazzo, ora sede di un negozio di calzature, si può osservare un portale e sull’architrave compare la scritta “NIC- GVIR” divisa dallo stemma della famiglia incastonato. Esso si presenta con la raffigurazione di una torre scalare, merlata alla ghibellina, di tre pezzi nella parte sommitale e di cinque nella balconata, e con tre finestre. Dalla porta della torre esce un torrente che termina nella punta dello stemma. Il cimiero, qui assente, doveva rappresentare l’aquila dello scudo posata su di una corona all’antica.

Silvia Franceschini

06/03/2017