90 minuti
produzione Teatro del Simposio
di Antonello Antinolfi
Con Ettore Distasio, Mauro Negri
Regia Francesco Leschiera
Scene e costumi Paola Ghiano, Francesco Leschiera
Luci Luca Lombardi
Elaborazioni sonore Antonello Antinolfi
assistente alla regia Serena Piazza
produzione Teatro del Simposio
Lo spettacolo prende spunto dalla vita di Arpad Weisz, ebreo ungherese, calciatore e poi allenatore. Gioca nel Padova, poi nell’Ambriosiana (attuale Inter), ma un infortunio serio lo porta sulla panchina nerazzurra come tecnico. È lui a lanciare in prima squadra Peppino Meazza, a 17 anni, è lui a vincere lo scudetto del ’30, sempre lui a scrivere, a quattro mani col dirigente Aldo Molinari, il manuale “Il giuoco del calcio”.
Col Bologna «che tremare il mondo fa» vince due scudetti consecutivi. Nella finale del Trofeo dell’ Esposizione, a Parigi, il Bologna batte 4-1 i maestri del Chelsea.
A causa delle leggi razziali del 1938 il Bologna lo licenzia e lascia la città in treno, direzione Parigi. La speranza è di trovare un lavoro. Dopo tre mesi punta sull’Olanda, Dordrecht. Città piccola, squadra semidilettantistica, ma con Weisz in panchina batterà più d’una volta il grande Feyenoord. Ma anche in Olanda, paese con un tasso altissimo di collaborazionismo, si stringe il cerchio.
Le SS arrestano la famiglia il 7 agosto ’42 e la prelevano dal campo di Westerbork, lo stesso per cui passerà Anna Frank, all’alba del 2 ottobre. Weisz viene dirottato su Cosel, campo di lavoro in Alta Slesia. Ha un fisico da atleta, può ancora servire. Per il resto della famiglia, Zyklon B. Poi sarà Auschwitz anche per lui.
Lo trovano morto la mattina del 31 gennaio ’44: di freddo, di fame, di solitudine, di disperazione. Non aveva mai saputo della famiglia, lo aveva solo immaginato.
Il tema centrale dello spettacolo è soprattutto l’indifferenza della società che ha portato all’attuazione delle leggi razziali fino a giungere agli eccessi di crudeltà dei campi di concentramento con la connivenza delle nazioni che ne erano a conoscenza.