Chi ama brucia

Discorsi al limite della Frontiera. Alice Conti inaugura il "PortlandOff" con un progetto sul tema dei clandestini.

Teatro
[ Trento Spettacoli]

Chi ama brucia
Discorsi al limite della Frontiera
spettacolo del gruppo teatrale nomade ORTIKA / Alice Conti
Ideazione e regia Alice Conti
Testo Chiara Zingariello
Drammaturgia Alice Conti e Chiara Zingariello
Disegno luce, audio, scene e grafca Alice Colla
Musiche Elia Pedrotti
Costumi Eleonora Duse
Assistenza scene Giuseppe Cipriano
Assistenza produzione Valeria Zecchinato
Assistenza video Giuseppe Glielmi
Riprese video Luigi Zoner
in scena Alice Conti

uno spettacolo di Ortika, con la complicità di Spazio Of – Trento, Scenica Frammenti – Lari, La Tana, Lapsus, Circolo Oltrepo' – Torino, Artea - Rovereto

L'indigeno è l'essere chiuso in un recinto_ F. Fanon Da qui. Da un paesaggio che ci battezza. Dalla città fantasma dentro la città reale. Dal C.I.E. - Centro di Identificazione ed Espulsione per stranieri; in Italia mezzo milione di persone vi sono passibili di internamento fino a 18mesi. I clandestini, una categoria che questo luogo serve a creare e che non esiste se non in relazione a questo luogo. Il Campo crea e rinomina attraverso le sbarre i corpi delle persone che confina; c'è un destino nell'assegnazione di uno spazio. La Crocerossina in uniforme d'accoglienza ci guida dentro il suo campo da gioco, danza paternalista i turni, canta chiusa in ufficio, dalla radio le voci dei prigionieri. Un viaggio dentro il Campo, le sue regole e il suo linguaggio orwelliano, dentro uno sguardo ravvicinato e miope sull'altro. Il Campo introduce nello spazio civile della città un'eccezione inquietante e antica: le persone vi sono recluse non per qualcosa che hanno fatto ma per qualcosa che sono.

Nel 2012 ho condotto una ricerca antropologica sul Centro di Identificazione ed Espulsione per stranieri di Torino – C.I.E. – i cui risultati sono stati pubblicati nella mia tesi di laurea specialistica. Da tempo mi affascina l'idea che la ricerca scientifica debba trovare il modo di
comunicare, di rivolgersi ad un vero pubblico. Inoltre penso che il teatro debba nutrirsi di ciò che realmente accade nel mondo,della contemporaneità, e abbia il dovere illuminarne gli angoli scuri. Allo stesso tempo mi sembra che il teatro (che intendo come ricerca sull'umanità), abbia bisogno e debba avvicinarsi il più possibile ad una scienza, al suo tentativo metodologico di onestà ed esattezza, o perlomeno debba tentare di dire delle cose “vere”. Da questa consonanza e dalla necessità di dare corpo ad un materiale che sento il dovere di rendere pubblico nasce il progetto di spettacolo: “Chi ama brucia. Discorsi al limite della Frontiera”un monologo-intervista a diversi personaggi tra cui la Crocerossina, la Garante e l'Ospite/ gli esuli – che ho realmente incontrato e intervistato durante la ricerca. Il loro discorso si sviluppa intorno al C.I.E. che nella trasposizione teatrale chiameremo Campo.

[Alice Conti]
il Campo - In Italia sono più di mezzo milione le persone passibili di internamento in un C.I.E., si tratta di cittadini stranieri che non hanno un documento di soggiorno valido; questa irregolarità amministrativa per la legge italiana può imporre una detenzione fino a un anno e mezzo in un campo in attesa dell'identificazione e dell'espulsione. Il Campo è una struttura para-carceraria che però non è sottoposta alle leggi della città né alle garanzie del carcere perché è stato costruito per far fronte ad un'emergenza e viene gestito sotto l'egida dell'accoglienza. Inoltre è stato pensato per “ospitare” una ben precisa categoria di persone – i “clandestini” – che non esiste se non in relazione a questo luogo, una categoria di persone che proprio il Campo – questa la tesi della ricerca – serve a creare. Il Campo introduce nello spazio civile della città un'eccezione inquietante e antica: le persone vi sono recluse non per qualcosa che hanno fatto ma per qualcosa che sono.
Si tratta di un luogo chiuso, segreto e separato dentro cui si realizza un disciplinamento che passa attraverso la scomparsa del corpo dei migranti dal visibile e dal sociale. E' un luogo che si vuole rimuovere dal panorama e censurare dai discorsi pubblici – il linguaggio che lo riguarda dipinge un mondo alla rovescia dove tutto è il contrario di tutto, un universo orwelliano che chiama i detenuti Ospiti e le celle Stanze d'albergo – e che ho tentato di ricostruire e immaginare sulla base dei racconti di chi lo ha vissuto.
Su questo vertevano le domande delle interviste, per cercare di illuminare i meccanismi statali, amministrativi, legislativi e legali con cui si crea la clandestinità e che tendono a rimanere invisibili.
La ricerca e lo spettacolo vogliono gettare uno sguardo antropologico su noi, sulla nostra società e sul modo in cui costruiamo l'immagine e l'identità degli altri, gli stranieri, i migranti, gli esuli.

Costi

Intero 12€
Ridotto Newsletter e Carta in Cooperazione 10€
Ridotto Studenti, 33Trentini e Allievi Estroteatro 8€
Ridotto soci Portland 6€ 

parte di: PortlandOff 2015

organizzazione: Teatro Portland - Spazio Off