Le Indie de qua. Fede, potere e superstizione al tempo del Concilio di Trento

Prima assoluta

Teatro

LE INDIE DE QUA. Fede, potere e superstizione al tempo del Concilio di Trento
di e con Andrea Pennacchi
Musiche originali dal vivo Giorgio Gobbo
Testi di Andrea pennacchi e Marco D’Ambrosio (Makkox)
Consulenza musicale di Carlo Carcano TBC
Produzione Teatro Stabile di Bolzano, Centro Servizi Culturali S. Chiara di Trento, Galapagos Produzioni
In alcune aree d'Europa la diffidenza popolare nei confronti della cultura affonda le radici in una lunga storia di contrapposizione tra sapere ufficiale e tradizioni locali. Uno degli eventi che hanno contribuito a questo processo è il Concilio di Trento.
Con il Concilio di Trento, la Chiesa cattolica risponde alla Riforma protestante riaffermando il proprio controllo dottrinale e disciplinare. La cultura religiosa non è più patrimonio diffuso, plasmato anche dalle pratiche popolari, ma diventa qualcosa di regolato rigidamente dall'alto, dai dotti, dai teologi, da un clero formato nei nuovi seminari tridentini. Si impone una netta separazione tra il sapere ufficiale. custodito dalla Chiesa e dai suoi intellettuali, e la cultura spontanea delle comunità locali, spesso tacciata di superstizione ed eresia. È un'epoca in cui la Chiesa, nel tentativo di arginare le spinte riformatrici, diffida del popolo e della sua vitalità spirituale, mentre si affida a una sistematizzazione della dottrina che, paradossalmente, pone le basi per il razionalismo che sarà alla radice dell'Illuminismo.
In questo contesto, gli intellettuali vicini alla Chiesa, custodi della nuova ortodossia tridentina, e la reazione più intransigente - quella che alimenta l'Inquisizione e la repressione religiosa - si alleano per indebolire molte forme di cultura popolare, etichettandole come superstizione o eresia. È un processo che, con il pretesto della riforma, soffoca tradizioni, canti, racconti e pratiche devozionali che non rientrano nei rigidi schemi imposti dalla Chiesa post-tridentina.
Con il Concilio di Trento si intensificano quindi le missioni, non solo verso le Indie d'oltreoceano - dove si discute se gli Indios abbiano un'anima - ma anche verso le "Indie de qua", le terre interne dell'Europa considerate ancora selvagge e pagane. Anche alcune aree tra le più remote del Trentino, dove la Chiesa vede persistere riti arcaici e pratiche religiose ibride, incompatibili con il nuovo dogma, diventano oggetto di una nuova evangelizzazione.
La storia raccontata ha per protagonista proprio un missionario, frate Albertino, un domenicano padovano, inviato in missione in una zona isolata tra le montagne del Trentino, dove la popolazione è ancora legata a credenze ancestrali e a pratiche devozionali non del tutto allineate alla dottrina ufficiale. Qui, tra villaggi avvolti nella nebbia e boschi fitti, incontra comunità che parlano un dialetto misto di lombardo e tedesco, segno della stratificazione culturale della regione.
Le autorità ecclesiastiche locali lo inviano con un mandato chiaro: riportare la retta dottrina e smascherare eventuali eresie. Ma frate Albertino si trova presto coinvolto in qualcosa di più grande.
Nelle sue predicazioni, si imbatte in storie di stregoneria, racconti di donne che curano con erbe e preghiere proibite, di comunità che praticano antichi riti nei boschi. La paura dell'Inquisizione è palpabile: proprio in quegli anni, nel 1630, a Nogaredo, vicino a Rovereto, si celebrano alcuni dei più feroci processi per stregoneria della storia trentina.
Le autorità locali e il clero più intransigente vedono in questi processi un'occasione per riaffermare il potere della Chiesa post-tridentina, per schiacciare ogni forma di spiritualità non controllata. Ma frate Albertino, attraverso i suoi incontri, inizia a comprendere che il vero pericolo non è il demonio che era stato mandato a combattere: è il sistema che opprime il popolo, che usa la religione come strumento di repressione, che schiaccia la loro cultura e li costringe al silenzio.
Alla fine, Albertino si trova di fronte a una scelta: diventare ingranaggio di questa macchina repressiva o rischiare tutto per difendere la dignità di quelle persone che aveva imparato a conoscere.
Andrea Pennacchi porta in scena, in forma di monologo, questo racconto che esplora uno dei momenti cruciali della storia europea. Tra analisi sociale, ricostruzione storica e ironia, lo spettacolo svela le contraddizioni di un'epoca in cui la fede si intreccia con il controllo sociale e il sapere diventa strumento di potere. Perché la storia non smette mai di ripetersi, mutando solo forme e linguaggio.

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