Liberata

Due bambine cantano, un uomo disteso al suolo, forse addormentato, una donna che prega. Momenti di vita quotidiana fino al momento in cui la storia precipita inevitabilmente in un delitto-redenzione

Teatro

testo e regia di Nicola Bonazzi

con Micaela Casalboni, Giulia Franzaresi, Andrea Gadda, Frida Zerbinati

aiuto regia Carolina de la Calle Casanova

scene di Nicola Bruschi

costumi di Cristina Gamberini

 

 

http://teatrodellargine.org

Una provincia degradata e dai contorni sfumati; un tempo indefinibile, in bilico tra passato e presente; quattro personaggi abitati da furori indomabili. Hanno nomi che profumano di nostalgia e di pasta tirata a sfoglia: Liberata, Italo, Primo, Fiorina. Si presentano a noi quando tutto è già finito, costretti a narrare compulsivamente la loro storia, e a scontare in tal modo ognuno la propria pena. Montano il loro spettacolino circense per un pubblico vorace, che, più che guardare, li spia con laida attenzione.

Ogni tanto salgono le note di qualche motivetto popolare o le melodie celebri di qualche melodramma da salotto. E intanto i personaggi raccontano... Raccontano della solitudine di Liberata, e della sua giostra in riva al mare, poco lontano dalla smagliante lucentezza delle località turistiche. Raccontano dell'arrivo, dalla pianura fumosa di nebbia, di uno squattrinato perdigiorno che si chiama Italo, “come l'Italia”, e delle sue due figlie, angeli della disperazione, bambine costrette a diventare grandi anzitempo. Raccontano dell'amore tra Liberata e Italo, un amore che diventa presto sopraffazione, perché il benessere tanto sognato non arriva e bisogna pur sfogarsi in qualche modo.

Raccontano della leggenda medievale di Santa Liberata, che promessa in matrimonio a un re, decide di essere solo sposa di Cristo, e invoca un miracolo per scampare le nozze, e Dio le dona la barba e finisce crocifissa per avere contraddetto la volontà paterna. Raccontano di come la moderna Liberata, prima di soccombere sopraffatta dal martirio, compia il miracolo di salvare Italo dal degrado totale, e di come le due bambine, rimaste sole, possano ricominciare l'estenuante gioco di soprusi e umiliazioni.

Così, la prossima volta, il racconto potrà riprendere dallo stesso punto. In eterno.

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All’origine di tutto c’era la volontà di far parlare la mia terra, gelida come la nebbia che d’inverno ne bagna le zolle, rovente come il sole che d’estate le sbriciola. E, insieme, c’era la volontà di far parlare gli attori con i loro corpi e la loro lingua, messi alla prova su personaggi marginali, ma proprio per questo abitati da furori indomabili. Li ho inseriti in una provincia degradata e dai contorni sfumati, dentro un tempo indefinibile, in bilico tra passato e presente; ho dato loro nomi che profumano di nostalgia e di pasta tirata a sfoglia: Liberata, Italo, Primo, Fiorina. Si presentano a noi quando tutto è già finito, costretti a narrare compulsivamente la loro storia, e a scontare in tal modo ognuno la propria pena. Montano il loro spettacolino circense per un pubblico vorace, che, più che guardare, li spia con laida attenzione. Ogni tanto salgono le note di qualche motivetto popolare o le melodie celebri di qualche melodramma da salotto. Circo e opera: i segni rappresentativi, pacchiani e dozzinali, di una terra che ambisce alle passioni forti, ma si lascia poi irretire dalla malinconia e dallo scherno. Su queste note orecchiabili i personaggi raccontano... Raccontano della solitudine di Liberata e della sua giostra in riva al mare, poco lontano dalla smagliante lucentezza delle località turistiche. Raccontano dell'arrivo, dalla pianura fumosa di nebbia, di uno squattrinato perdigiorno che si chiama Italo, “come l'Italia”, e delle sue due figlie, angeli della disperazione, bambine costrette a diventare grandi anzitempo. Raccontano dell'amore tra Liberata e Italo, un amore che diventa presto sopraffazione, perché il benessere tanto sognato non arriva e bisogna pur sfogarsi in qualche modo. Raccontano della leggenda medievale di Santa Liberata, che promessa in matrimonio a un re, decide di essere solo sposa di Cristo, e invoca un miracolo per scampare le nozze, e Dio le dona la barba e finisce crocifissa per avere contraddetto la volontà paterna. Raccontano di come la moderna Liberata, prima di soccombere sopraffatta dal martirio, compia il miracolo di salvare Italo dal degrado totale, e di come le due bambine, rimaste sole, possano ricominciare l'estenuante gioco di soprusi e umiliazioni. Così, Liberata vuol essere anche uno spettacolo sulle donne, sulla violenza che su di loro, grandi e piccole, madri e bambine, viene perpetrata ogni giorno fuori e soprattutto dentro l’ambito familiare. È la storia della fiducia tradita, della solitudine che genera amore senza riserve verso l’uomo-padrone che ti prende con sé; è la storia dell’ignoranza che, in un’Italia anni ’60, certo contribuiva a rimettere continuamente la donna al suo posto di madreserva-angelo del focolare. La storia delle vittime. Ma, all’opposto, è anche la storia di chi ha sognato all’ombra del boom economico senza beneficiarne mai, di chi ha inseguito invano e per anni un benessere inafferrabile e così facendo si è abbruttito, incattivito, è diventato invidioso, rancoroso, violento, si è trasformato da vittima in carnefice. Perché il dolore non passa senza fare danni e il destino si consuma brutale e aggressivo, lasciando solo un’attonita disperazione.

RASSEGNA STAMPA

la Repubblica, Rodolfo Di Giammarco

Il toccante, traumatico e genuino Liberata scritto e diretto da Nicola Bonazzi ha per titolo il nome capro espiatorio femminile (Micaela Casalboni, encomiabile) che dopo una via crucis di angherie, fiatoni e incesti mette fine al calvario imitando un’omonima santa martire, soffocando il marito-nudo come un Barabba. Gli oltraggi maschi di Andrea Gadda turbano e disturbano, e Giulia Frida Zerbinati sono le liliali cerimoniere, in un’aura operistica di giostra di provincia. Bell’apologo d’anima e animalità romagnole.

Il Messaggero, Rita Sala

Lo spettacolo è una meraviglia di ritmo e pathos. Bonazzi, aiutato dalla bravura e dalla dedizione quasi masochistica della protagonista, Micaela Casalboni, nonché dalla perfetta aderenza al ruolo di Andrea Gadda (Italo), Giulia Franzaresi (Primo, la ragazza più grande) e Frida Zerbinati (Fiorina), il drammaturgo e regista costruisce uno spaccato surreal-fantastico in cui i “tipi” sono però vivi e veri, di carne palpitante o straziata, corrotta o santificata, anelante, ferita, estrema. Fino al delitto “santo”. L’evento è in dialetto. Piccolo, toccante e forte. Da non lasciarsi assolutamente scappare.

Il Sole 24ORE, Antonio Audino

Tre attrici e un attore di sottilissima finezza interpretativa, innanzitutto. Poi una favola nera che attinge da atmosfere di provincia romagnola, tra baracconi di tirassegno, umili casupole, furgoni per piccoli commerci. Tutto nasce all’interno di quell’attivissima factory che è il Teatro dell’Argine, con sede all’Itc di San Lazzaro di Bologna. Bonazzi si conferma drammaturgo di infinita sensibilità, capace di disegnare con nitidezza profili di piccola umanità, facendone però emergere i tratti profondi di inquietudine, le speranze e le amarezze, collocando tutto in un tempo senza tempo, che certo non assomiglia più al nostro, ma fa parte di quel passato recente nel quale c’è ancora possibilità di osservare gli individui da vicino, senza le incrostazioni di una modernità massificante. Non si può svelare di più per questa delicatissima composizione, talmente struggente e densa di vibrazioni da poter essere resa appieno soltanto da interpreti particolarissimi, come Micaela Casalboni, la tenace e fragile Liberata, o Andrea Gadda, l’ombroso bellimbusto, Frida Zerbinati, attonita e sorridente bambina e Giulia Franzaresi, malinconica e sognante sorella maggiore.

Costi

Biglietti:

  • Intero: 12 Euro
  • Ridotto Newsletter e Carta in Cooperazione: 10 Euro
  • Soci Spazio14, Estroteatro, 33Trentini, Centro Teatro e Emit Flesti: 9 Euro
  • Ridotto Studenti: 8 Euro
  • Ridotto Soci Portland: 6 Euro

Tutti gli spettacoli saranno accompagnati da una degustazione di vini offerta da Cantina Vivallis durante la quale sarà possibile confrontarsi con i componenti delle compagnie ospitate.

La prenotazione è consigliata: prenotazioni@teatroportland.it

Le prenotazioni fatte via sms, mail e WhatsApp sono valide solo se confermate e si accettano fino ad un’ora prima dello spettacolo.

parte di: TrentOOltre

organizzazione: Teatro Portland