Partigiani. Uomini e donne che hanno lottato per la libertà e la democrazia
L'Associazione Museo storico in Trento, con il patrocinio della Fondazione Museo storico del Trentino, del Comune di Trento, dell'A.N.P.I. - Comitato provinciale Trentino e dell'Associazione RedFrame, invitano all'apertura della mostra fotografica di Giulio Malfer.
La mostra è frutto di un progetto del fotografo Giulio Malfer che ha intervistato e fotografato, nellarco di un anno e mezzo, più di 150 partigiani in Trentino e nel resto dItalia. Il percorso consite nellesposizione di una selezione di foto di 30 dei 150 partigiani ritratti, accompagnata da estratti di interviste da loro rilasciate.
È prevista una postazione audio attraverso la quale potrà essere ascolta la viva voce dei testimoni.
La mostra è accompagnata da un catalogo nel quale sono presenti tutti i testimoni, introdotto da Mario Cossali e da un testo di Erri De Luca.
Una mappa geografica
di Erri de Luca
«Nel 1900 le masse umane si sono riscattate dalle oppressioni in due modi: con le emigrazioni e con le rivoluzioni. Il 1900 è stata epoca di lotte armate contro le dittature, le potenze imperiali e coloniali,
le monarchie assolute. Uomini e donne volontariamente hanno intrapreso la via delle armi e si sono battuti a oltranza, con varia fortuna. Alcuni sono diventati capi di governo, stimati nel mondo, per esempio Nelson Mandela che impugnò armi e guidò insorti. Altri, sconfitti, sono stati trattati da banditi dai poteri in carica e dalle versioni ufficiali. Qui ci sono facce di presidenti e di achtung banditen, coprono tutto larco dei destini, da Sandro Pertini a Sante Notarnicola.
Sono le ultime vive della lotta armata partigiana, pergamene scritte dal fuoco dei bivacchi, dal gelo delle notti dinverno in montagna, rughe incise su pelle giovane dalla rissa tra varie paure e un solo coraggio.
I nostri partigiani non vinsero da soli, come fecero quelli jugoslavi. Vinsero con la spinta e laiuto di popoli pratici di guerra, russi e nordamericani. I combattenti della guerra civile spagnola, i repubblicani, persero e finirono la vita sul campo, in prigione o da banditi allestero.
La vittoria, come la sconfitta, è infine un dettaglio.
Di queste facce resta integro invece lonore di aver preso le armi in pochi, clandestini, in schiacciante inferiorità numerica, in povertà di mezzi. Non aspettarono la fine militare dei fascismi, vollero avere parte, diritto, ricordo nella disfatta. Offrirono così esempio di altra Italia, ancora sconosciuta a se stessa, sulla quale fondarne una nuova. Ne scrissero la costituzione dopo essersi sbarazzati della meschina casa regnante, servile al fascismo e alla sua guerra a fianco dei peggiori boia dellumanità. Queste facce calate in città nella primavera del 45, armi in pugno, fondarono la repubblica
e tentarono la prima democrazia. Alcuni proseguirono la lotta armata, ancora qualche tempo, poi smisero anche loro. Però conservarono le armi, ben oliate e ingrassate, in nascondigli.
Ce ne devono essere ancora, così come ancora ogni tanto affiorano bombe inesplose, da uno scavo, da uno sterro.
Queste facce sono quanto di meglio ha prodotto il 1900 in fatto di fisionomie. Insieme a quelle anonime e perdute dei nostri emigranti sono la mappa geografica della resistenza umana alle oppressioni».
La verità dei volti. Sguardi partigiani
di Mario Cossali
«Questi volti, questi sguardi rappresentano la biografia dellItalia resistente, di quellItalia che è uscita dalla zona grigia e che con la propria lotta ha voluto liberare la patria dalloccupazione straniera e dalla dittatura fascista.
Dietro a questi volti, dietro a questi occhi tanti altri volti, tanti altri nomi, troppi di loro purtroppo uccisi. Per darci la libertà, la democrazia, la costituzione.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione. Questa è la conclusione del discorso pronunciato il 26 gennaio 1955 da Piero Calamandrei nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria a Milano per linaugurazione di un ciclo di conferenze sulla costituzione italiana organizzato per lappunto da un gruppo di studenti universitari e medi.
Queste parole sembrano ripeterci con immutato vigore, nonostante le difficoltà e le delusioni che la vita di tutti contiene e che ha contenuto anche la vita sociale del nostro Paese dal dopoguerra ad oggi e tanto più oggi, i primi piani delle partigiane e dei partigiani ritratti dallobiettivo empatico di Giulio Malfer. Un obiettivo che scava e rivela, che toglie il velo del non detto e che restituisce dignità sacrale alle persone incontrate.
Il partigiano è colui che ha preso parte. La guerra di parte, dice un uffiziale che si è distinto nelle guerre di Spagna, è la più antica, la più naturale, e la sola che sia sempre giusta. Essa è quella del debole contro il forte: essa non può farsi senza il concorso e lapprovazione di tutta una nazione: essa dipende dalla opinione generale, non dalla volontà di un tiranno, o dun conquistatore. Questa guerra non può avere altro scopo che di respingere uninvasione, e di sottrarre lo stato, la nazione, il principe da un giogo straniero. Quando anche fosse menata innanzi con barbarie, alcuno non avrebbe il diritto di dolersene, poiché linimico potrebbe sempre ritirarsi con la sicurezza di non esser perseguitato nel proprio paese. Sono riflessioni antiche, pubblicate a Napoli dopo la rivoluzione del 1820, ma riescono in parte a spiegare il rapporto tra il partigiano e il popolo, tra lotta partigiana e lotta di liberazione nazionale, che viene spesso troppo superficialmente colto.
Il partigiano parla anche oggi un linguaggio comprensibile, perché non si è limitato a lottare per cacciare loccupante straniero, sconfiggendo contemporaneamente il regime fascista, ma anche per costruire una società più giusta, più libera, più solidale, che non può mai essere considerata fuori pericolo. Se la costituzione è nata sui monti della resistenza, allora è chiaro che la difesa della costituzione, la sua coerente e quotidiana applicazione ha bisogno di un continuo riferimento allesperienza e ai valori propri della resistenza stessa.
Interroghiamo questi volti e questi sguardi per capire, per sapere, sono come testi preziosi da consultare per trovare la strada nelloscurità della foresta nella quale ci tocca vivere.
Nei volti leggiamo una verità che va oltre le parole, più vera delle parole e con questo specchio che riflette potenti flussi di luce ci inoltriamo sui sentieri spesso interrotti del paesaggio contemporaneo».
organizzazione: Associazione Museo storico in Trento