Il bambino che scoprì il mondo

di Alê Abreu

È il bianco l’elemento figurativo caratterizzante questo film di animazione.

Il bianco che per sua natura respinge tutte le radiazioni dei colori circostanti. Il bianco che illumina, abbaglia, amplia, riflette. E come la luce bianca che passando attraverso un prisma di cristallo crea un arcobaleno con la gamma completa dei colori, così il protagonista di Il bambino che scoprì il mondo attraversa la Terra e ne scopre le tinte, chiare e scure, ne conosce le gradazioni, i riflessi, le sovrapposizioni, le bellezze e le brutture. Lo sfondo lucente percorre quasi tutta l’animazione. Talvolta si accende di un vivo arancione, di un intenso blu, di un nero notturno, ma il bianco permane sulla retina dello spettatore perché poi torna e il bambino riesce a trasformarlo in un nuovo arcobaleno.

È dal bianco che nasce una serie di archi colorati circolari e concentrici. E i colori nel film del regista Alê Abreu sono ovunque: si muovono sinuosi, creano forme e spazi, profondità e appiattimento, paesaggi ed emozioni, oggetti e persone. Sono un caleidoscopio. Un apparecchio ottico cilindrico, da osservare in controluce, che grazie ad un gioco di riflessioni multiple mostra all’occhio umano forme colorate, simmetriche, eleganti e di svariatissime figure geometriche che la rotazione del cilindro permette di variare a piacere. Così inizia il lungometraggio con colori che si strutturano in forme regolari e giocano con la vista dello spettatore che ne è ammagliato e contemporaneamente disorientato. E così che termina il film, con un nuovo gioco caleidoscopico suggerendo il senso di ciclicità, di passaggio formativo che il giovane protagonista conduce sulla Terra. Un bambino, Cuca, lascia la sua casa immersa nella natura, da lui tanto amata, per andare alla ricerca del padre. Prende una grande valigia, più pesante e ingombrante di lui con un’unica fotografia dentro, e si allontana dalla stessa stazione, immersa nel nulla, da qui ha visto partire suo padre. Nel viaggio passa attraverso realtà ed esperienze inaspettate: campi di cotone così morbidi che le piume d’oca appaiono pesanti. Fabbriche così scure e grigie da rimpiangere il verde lussureggiante di casa. Periferie che si inerpicano quasi fino al cielo. Spiagge non destinate per tutti alla balneazione. Sfruttamento della foresta amazzonica in tutta la sua terribilità.

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È l’uso intrecciato di linguaggi espressivi differenti l’elemento tecnico caratterizzante questo film di animazione.

Il bambino che scoprì il mondo è un film di animazione creato dal registra brasiliano con pastelli e colori a cera, tecniche di collage fotografico nonché inserimenti di brani di video originali e animazione digitale. Artigianato che si inerpica sul monte delle Muse, regalando una visione fuori dall’ordinario, meraviglia per gli occhi e per la mente. Il film abbraccia lo spettatore con una tecnica cinematografica sapiente: la sceneggiatura, mai prevedibile; il ritmo, incalzante ma anche accogliente, capace di fornire pause nel momento opportuno; la colonna sonora, non una comparsa ma vera e propria co-protagonista delle esperienze vissute dal bambino. Le musiche originali di Ruben Feffer e Gustavo Kurlat vanno a braccetto con le avventure del piccolo a partire dalle note che escono dal piffero dell’amato padre. Note così piene di sentimento che lo sono anche figurativamente: sfere colorate di amore che si espandono nell’aria e che il bambino segue alla ricerca della figura paterna. Le scene si susseguono una all’altra con abilità tecnica sorprendente, senza stacchi improvvisi ma con movenze sinuose per cui un momento entra automaticamente nell’altro: lo scorrere di una vita.

È il volto l’elemento espressivo caratterizzante questo film di animazione.

Il volto tondo del bambino, inciso da due grandi feritoie attraverso cui osserva il mondo. Sono proprio queste le fessure che invitano lo spettatore, fin dall’inizio del film, a indossare lo ‘sguardo bambino’ e a non lasciarlo fino alla fine. Lo spettatore è il bambino, diventa bambino, assume lo stato d’animo del bambino e ritrova sentimenti originali, nativi, di sbigottimento, di paura, ma anche di gioia pura, di entusiasmo, di amore famigliare, di connessione tutta particolare con la natura circostante. Il bambino è subito un nostro compagno, un amico, un figlio, un bambino: curioso, vivace, triste, arrabbiato, spontaneo, costante. Il bambino contiene tutte quelle impercettibili sfumature del carattere che solo i più piccoli essere umani manifestano espressamente: è stupito degli adulti, meravigliato del mondo che trova, sbigottito della struttura sociale e politica che incontra. E lo spettatore lo è con lui. ll bambino che scoprì il mondo è un film di animazione creato per far sentire al riguardante il suo ‘essere bambino’ e riscoprire quella parte genuina dell’essere umano che non comprende la fattualità del mondo, il suo trasformarsi in qualcosa di così artificiale, dissennatamente distante dalla dalla civiltà e dalla natura. Ma è lì che è necessario tornare!

Il volto degli adulti non è più circolare. Quasi la vita abbia corrotto il loro essere naturale, il viso si trasforma in quello rappresentato da Edvard Munch nell’Urlo. I loro corpi si assottigliano in sottili lingue e le spalle perdono consistenza, quasi rassegnate. I vestiti sono uniformi, a righe, e il loro passo è spossato, affaticato, rassegnato. Solo il bambino corre, si muove con vivacità, si avvolge con le forme della natura, fino a quando non arriva nella grande metropoli e capisce che il mondo ha due facce: una naturale e l’altra artificiale.

È lo sfruttamento della natura e dell’uomo l’elemento simbolico caratterizzante questo film di animazione.

Il caporalato e i latifondi di cotone prima, l’industrializzazione nelle fabbriche dopo con lo sfruttamento dell’uomo e del suo lavoro, la crescita vorticosa delle città con centro e periferia ben differenziate, tempo libero e assenza di libertà, alienazione e solitudine. Sono questi gli ingredienti dolorosi che il bambino incontra nei luoghi staccati dalla sua casa in campagna. Il suo viso infatti spesso si piega, le spalle si piegano e lo sfondo delle scene non è più bianco splendente. Ma un bracciante e un cagnolino lo aiutano e poi un uomo lo accoglie e, con la poca forza che gli rimane, gli apre casa - d’arancione dipinta – e lo invia nelle sue uscite in bicicletta nei quali i due personaggi appaiono fuori tempo e fuori luogo.

La denuncia sociale, economica e politica è fortissima in Il bambino che scoprì il mondo.Quando il protagonista arriva in città e davanti ai suoi occhi scivola un corteo militare non si riesce a non pensare al video Another Brick in the Wall dei Pink Floyd così come nella rappresentazione del treno nel quale scivola via il padre si ripensa alle deportazioni, agli allontanamenti forzati. Tanti sono i simboli, i rimandi, le riflessioni che il film intreccia ad una resa cinematografica fuori dal comune, da doverlo guardare e riguardare per percepirne la pienezza espressiva. E anche i livelli di lettura sono stratificati: uno spettatore bambino ne vedrà la scoperta, la ricerca, la sofferenza e la gioia, uno spettatore adulto ne osserverà gli aspetti significanti degli elementi visivi, trovando intenzioni espressive differenti.

Il bambino che scoprì il mondo è un caleidoscopio. Di colori. Di magia. Di meraviglia. Di significati. Di espressioni simboliche e visive. Di inconsueto che si fa norma. Ahimè!

redazione
parte di: ANIMA

02/04/2021