Castello di Arco
Narra le vicende di secolari contese per il controllo del territorio e custodisce uno fra i più preziosi cicli di affreschi a tema profano dell’intero arco alpino
Immortalato da Albrecht Dürer nel suo famoso acquerello "Fenedier Klausen" (1495, ora conservato al Museo del Louvre), il Castello di Arco domina la pianura dell'Alto Garda. Nel paesaggio di questa conca solcata dalla Sarca e affacciata sul Garda settentrionale, le torri sulla rupe di Arco sono certo fra gli elementi del paesaggio più caratteristici e riconoscibili, visibili a chi proviene da qualsiasi direzione.
Esistono numerose immagini del Castello di Arco, a partire dal sommario schizzo tracciato da Marin Sanuto nel suo viaggio entro la terraferma Veneziana, nel 1485, per arrivare ai quadri ottocenteschi dei pittori europei che visitavano il Kurort Arco, luogo di villeggiatura alla moda privilegiato dalla mondanità europea, e ancora ai quadri contemporanei realizzati per fermare in un'icona un paesaggio che sicuramente riesce a colpire per la scenografica drammaticità.
Da tutte queste immagini si ricava l'informazione che il Castello era un vero e proprio borgo fortificato, che ospitava una guarnigione di uomini armati, ma anche la dimora dei signori di Arco (la casa dei conti d'Arco era sul territorio già intorno all'anno Mille) e una popolazione civile piuttosto numerosa, che per vivere al castello aveva delle dimore, dei granai, delle officine, un mulino ed una chiesa. Il Burgklechner, nel diciassettesimo secolo, parla di un castello con 120 stanze, ove si trovavano finestre in numero pari ai giorni dell'anno, tanto che i signori d'Arco averebbero potuto ogni giorno affacciarsi in un luogo diverso. Esistevano tre cisterne per la raccolta dell'acqua (il castello non ha sorgenti proprie), con un sistema di raccolta e incanalamento delle acque piovane estremamente ingegnoso ed interessante: le tre cistene e buona parte della canalizzazione sono ancora oggi visibili.
Il castello, in ogni caso, nasce con evidente e ovvio compito difensivo, vista la posizione strategica in cui lo stesso si veniva a trovare; dalla rupe infatti si è in grado di controllare tanto il lago di Garda, quanto le vie provenienti dalla Valle dei Laghi (verso nord, in direzione di Dro e delle Sarche) e dalla Vallagarina (ad est, dal Passo san Giovanni e da Nago). Nel diciassettesimo secolo, Leonello Brugnol, in un rapporto scritto a beneficio dell'arciduca Ferdinando II, Conte del Tirolo, spiega che il Castello di Arco e il vicino Castello di Penede (che apparteneva sempre ai d'Arco insieme al Castello di Drena, al Castellino di Monte Velo e ad altri castelli e torri del territorio circostante) costituivano un sistema difensivo fondamentale che li rendeva "la vera chiave del contado di Tyrolo".
Negli anni in cui la città di Arco diventa Kurort alla moda (1872-1914), il castello è una delle icone più amate del paesaggio: sono molti i dipinti di fine Ottocento - ma anche le cartoline postali - che ritraggono la romantica rupe e le rovine del maniero, molti sono i turisti che arrivano a visitarlo e perfino Rainer Maria Rilke dedica a questa rupe una struggente lirica. Più tardi, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, Arco diviene città sanatoriale per la cura della tubercolosi, accogliendo altri ospiti straordinari: fra questi, Vasco Pratolini, che, nei suoi diari scritti durante la sua permanenza in un sanatorio ad Arco, cita più volte il castello che svetta sopra i tetti di Arco. Ed anche in epoca contemporanea, il castello è rimasto il vero emblema della città, cui si sono ispirati gruppi locali, artisti, letterati...
Storia
Reperti archeologici testimoniano presenze sulla rocca di Arco molto più antiche dell’epoca medievale; il nome stesso di Arco deriva probabilmente da "arx" che significa fortezza. È certo comunque che dall’anno Mille il castello esisteva già. Nel 1196 Federico d’Arco dichiarò che
il castello era bene allodiale degli abitanti della Pieve di Arco e, più tardi, la famiglia dei conti d’Arco ne divenne unica proprietaria. Alla fine del XV, come si nota nel dipinto del Dürer, il castello era un piccolo villaggio fortificato, uno dei più grandi in Trentino: non ospitava al suo interno la sola famiglia dominante (i conti d’Arco, fin dall’anno Mille), ma anche i rami cadetti e i numerosi parenti, molto spesso in aperto contrasto fra loro. E inoltre accoglieva numerose botteghe, officine, laboratori, luoghi di lavoro svariati, abitazioni più umili destinate ad artigiani e servitori, al corpo di guardia, ecc. In conseguenza di ciò si trovano a tutt’oggi all’interno delle mura del maniero capienti cisterne per l’acqua (tre quelle visibili a tutt’oggi) e numerosi depositi e granai, ma si conosce anche dell’esistenza di un mulino, di una chiesa (dedicata a Santa Maria Maddalena), di orti e di una bottega da fabbro.
Esiste ancora, ma sicuramente era in origine una costruzione più articolata, la prigione del sasso, dove Galeazzo d’Arco fu imprigionato dal fratello Francesco: quindi si trovava al suo interno anche una amministrazione della giustizia e un sistema per la carcerazione. Il castello era di fatto, una vera città nella città, collegata al borgo di Arco, più in basso, ma allo stesso tempo, in caso di necessità, autonoma e autosufficiente. Nel 1579 l’arciduca del Tirolo, Ferdinando II, fece occupare il castello di Arco e quello di Penede ma già nel 1614 il castello tornò sotto l’orbita dei conti d’Arco.
L’inizio del Settecento segna il declino della rocca che si conclude con il bombardamento del generale francese Vendôme che distrusse molti castelli della zona. I conti d’Arco intanto si erano divisi in diversi rami e il castello, seppur in rovina, era rimasto di proprietà, in parti uguali, del ramo di Baviera e del ramo di Mantova. Nel 1927 la contessa Giovanna d’Arco, marchesa di Bagno, acquistò la parte di castello dai conti di Baviera e ne divenne unica proprietaria fino al 1982, quando il Comune di Arco sotto l’Amministrazione Selenio Ioppi, decise di acquistare il maniero e altri beni conservati dalla Fondazione d’Arco di Mantova. L’intenzione era, appunto, quella di procedere ad un restauro finalizzato alla messa in sicurezza del bene, tutelato assieme al caratteristico oliveto, e alla sua fruibilità da parte del pubblico.
Il Castello è raggiungibile solo a piedi attraverso un percorso in salita di circa 15 minuti. Si consiglia un abbigliamento comodo e scarpe adatte per una passeggiata.
Note sull'accessibilità del sito
Visita per la persona con disabilità gratuita (è necessario mostrare all’ingresso una documentazione che testimonia la propria patologia, soprattutto se si tratta di una disabilità sensoriale o cognitiva).
L’ingresso per l’ACCOMPAGNATORE è gratuito solo se la sua presenza è necessaria per la persona con disabilità.
È bene avvisare in precedenza in caso di visitatori con disabilità.
Accesso al Castello in automobile solo con mezzi speciali, previo accordo con il Comune di Arco. Strada sterrata e cementata con pendenza media del 23% circa; tratto finale di 20 metri con pendenza del 31%. Accesso al parco con strada lunga 10 metri con fondo sterrato (pendenza del 18%). Il tratto d’accesso alla zona dei servizi igienici dedicati ha una pendenza del 10% circa. I servizi igienici sono automatizzati e l’apertura della porta è con pulsante alto cm 110. Punto di ristoro all’interno del parco accessibile. Accesso alla zona ticket con fondo molto sconnesso e pendenza del 18%. Il Castello al suo interno non é visitabile per la presenza di scale, dislivelli e roccia.
Rilevazioni eseguite dal personale della Cooperativa HandiCREA.