Architettura
Analogamente a quanto scritto in generale per l’arte, anche le architetture sul territorio trentino rielaborano modi costruttivi e teorie artistiche di diversa matrice con peculiarità locali.
Le molteplici declinazioni dipendono in parte dall’assetto geografico e da quello confinario, dalla presenza di committenze famigliari e dai rapporti tra queste e altre realtà politiche e culturali, che solo in parte sono limitate dal ruolo unificante dell’azione di alcuni principi vescovi e da quella governativa.
Questa diversità di espressioni, fortemente influenzata dal territorio, non solo in senso geo-politico ma anche fisico, porta a un catalogo di tipi e linguaggi, con diversi gradi di aulicità e traduzione locale1
All’interno del più ampio contesto del patrimonio culturale, i beni culturali architettonici che l’organo competente ha individuato e assoggettato alle proprie cure, documentano tale ricchezza linguistica.
Le chiese, documenti di storia, cultura, arte, tradizione e devozione, costellano il paesaggio e si inseriscono nei tessuti urbani, raccontando nella loro complessità il permanere nei secoli di persistenti frequentazioni e pertanto continui adeguamenti, sia nelle chiese d’ambito rurale e alpestre tenacemente collegate ad una tradizione stilistica gotica, sia in quelle che attraverso lo stile dovevano trasmettere nuovi messaggi di concezione religiosa o istituzionale.
A baluardo urbano o controllo territoriale i castelli, testimoni in pietra di cambiamenti politici e istituzionali di una storia più che millenaria, segnano il territorio e hanno con esso uno stretto rapporto, sia che vi si inseriscano dichiarandosi con orgoglio come fatti costruttivi sia che instaurino con esso un rapporto a diversi gradi simbiotici, da sito, a traccia, rovina o rudere.
Ben più veloce l’adattamento alle funzioni d’uso, agli stili e alle necessità di rappresentazione dei palazzi, che tracciano la storia evolutiva degli insediamenti urbani, dalle prime cellule e case murate all’accorpamento in palazzi i cui fronti denunciavano il rango della famiglia e i cui interni venivano organizzati e decorati secondo più o meno complessi impianti, dagli ambienti pubblici a quelli privati a quelli, nascosti, di servizio.
Anche ville e giardini raccontano analoghe storie di stile, tra funzioni agrarie e villeggiatura, mentre le architetture rurali, masi, malghe, case rustiche evidenziano un attaccamento a radici profonde e antiche, in cui le forme corrispondono funzionalmente ad un uso determinato dalle stagioni e il bisogno di “segno” è espresso in simbologie, iscrizioni e figure che richiamano una protezione sacrale.
La fortificazione dei confini a seguito delle guerre risorgimentali, proseguita anche durante la prima guerra mondiale, ha segnato il territorio trentino, con vere e proprie reti (strade, teleferiche, sistemi di trincee, camminamenti e gallerie, insediamenti d’alta quota), costruzioni (caserme, forti, bersagli di tiro) e altri manufatti più o meno fragili (baracche, cimiteri di guerra); altri segni sono stati lasciati dalla ricostruzione e dalla memoria (sacrari, monumenti ai caduti).
Le architetture industriali e i luoghi delle istituzioni, hanno una “riconoscibilità” che va oltre ad una lettura epidermica e stilistica, scandita dai due eventi bellici e dalle problematiche di ricostruzione istituzionale ed economica del paese.
Come previsto dal Codice dei beni culturali che è il fondamento normativo adottato dalla Soprintendenza, sono stati inoltre adottati provvedimenti conservativi per ulteriori categorie, l’architettura moderna, alcune infrastrutture (come i ponti), le piazze e la viabilità storica.
1 tale vivacità si ritrova ad esempio nel curioso e immaginifico coacervo descrittivo di Michel’Angelo Mariani, Trento con il Sacro Concilio et altri notabili, Augusta 1673 o nel didascalico ma incredibilmente preciso repertorio iconografico dei castelli del cosiddetto Codice Brandis (1607-1618).