Fotosintesi artificiale per la produzione di idrogeno e la purificazione dell’acqua

Idee dalla natura per un pianeta più bello e un progresso sostenibile: verso Expo2015, di Antonio Miotello

Fotosintesi artificiale per la produzione di idrogeno e la purificazione dell’acqua

Nel processo di fotosintesi naturale l’acqua e l’anidride carbonica vengono trasformati in ossigeno e carboidrati tramite l’energia della radiazione solare. In questo modo l’energia solare viene accumulata sotto forma di legami chimici e utilizzata al bisogno.

Con il termine fotosintesi artificiale si intende di solito un qualunque sistema in grado di catturare l'energia della luce solare e immagazzinarla nei legami chimici di un combustibile che viene detto appunto combustibile solare. Nei laboratori non si è ancora in grado di riprodurre esattamente il processo naturale della fotosintesi ma dalla natura si imparano i principi generali che poi si cerca di riprodurre.

Nella fotosintesi artificiale la luce solare viene in particolare utilizzata per alimentare un dispositivo (la cella foto elettrochimica) dove vengono prodotte cariche elettriche positive e negative che sono in grado di scindere la molecola di acqua nei due elementi che la compongono e cioè l’idrogeno e l’ossigeno. La scissione completa avviene “staccando” un atomo di idrogeno alla volta e quindi attraverso anche la formazione dell’elemento ossigenoidrogeno, O-H. I due atomi di idrogeno alla fine formeranno la molecola H2. L’idrogeno è un combustibile privo di carbonio e il cui utilizzo per produrre energia elettrica e calore restituisce alla fine del processo acqua calda. In questo modo l’acqua che viene inizialmente spezzata ritorna ad esser ricomposta. Ecco allora che il sole e l’acqua insieme costituiscono una fonte di energia rinnovabile che può essere conservata e quindi utilizzabile anche quando il sole non c’è.

Torniamo ora indietro e ricordiamoci della formazione di O-H. Questo composto, in particolari condizioni, è in grado di attaccare virus, batteri o contaminanti che siano presenti nell’acqua, distruggendoli. Vengono infatti spezzati i legami che tengono uniti gli atomi che costituiscono i contaminanti e in tal modo l’acqua, ma anche l‘aria, possono essere purificati.

Non basta tuttavia avere a disposizione un materiale che assorbe la luce del sole rendendo disponibili cariche elettriche. Occorre anche avere una superficie ampia che comunichi con l’ambiente per ricevere la luce del sole e per interagire con l’acqua. Anche qui la natura ci suggerisce come fare attraverso, ad esempio, le strutture a riccio:

In laboratorio siamo in grado di produrre strutture simili a quello che la natura ci mostra come si può vedere nella figura sotto:

La struttura presentata sopra è in grado di purificare l’acqua (ad esempio acque reflue industriali) con una efficienza molto superiore a quanto si potrebbe ottenere con una superficie piana dello stesso materiale.

Da sinistra verso destra: graduale purificazione con fotocatalizzatore di acqua contaminata da colorante organico. L’ultima immagine mostra acqua pura.

Laboratorio IdEA, Dipartimento di Fisica, Università degli Studi di Trento

Antonio Miotello - professore ordinario di fisica sperimentale presso l'Università degli studi di Trento

23/02/2015

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