I proprietari nel corso dei secoli e la Sat

Saracini, Cresseri, Pedrotti: le tre famiglie che si sono susseguite nel prestigioso Palazzo

[ Foto Maria Luisa Brioli]

LA FAMIGLIA SARACINI

Il Palazzo Saracini Cresseri Pedrotti, inizialmente era di proprietà della potente famiglia Saracini. Alcuni storici dell’arte ritengono che fu proprio questa famiglia a commissionare la costruzione di tale palazzo; l’unica cosa di cui siamo certi è che ne fu proprietaria dall’inizio del sec XVI fino alla metà del sec XVII.

Le origini di questa famiglia non sono del tutto note, esistono due correnti di pensiero differenti: la prima ed anche quella più diffusa, sostiene che i Saracini provengano da Siena e che siano arrivati nella capitale del Principato vescovile tridentino grazie all’aiuto di Pietro Andrea Mattioli, anch’egli di origine senese, morto a Trento nel 1578, al tempo umanista e medico del Principe Vescovo Clesio.

La seconda tesi trova il proprio fondamento sulla base di un documento del 1402, conservato nell’Archivio di Trento, nel quale la famiglia viene definita “…de Tridento” e non “habitator Tridenti”, così come di solito avveniva per le famiglie nobiliari trapiantate in Trentino. Sulla base di questa fonte, la famiglia avrebbe quindi origini trentine.

All’inizio del Cinquecento i Saracini comprarono la “Torre Franca” di Mattarello e due secoli dopo, nel 1699, si insediarono nel feudo di Castel Belfort a Spormaggiore, in Val di Non, con l’annessa giurisdizione dei paesi limitrofi di Andalo e Molveno.

Nel 1731, l’Imperatore Carlo VI concesse loro il titolo nobiliare (comitale) con il predicato di “Belfort.”

Lo stemma della famiglia è composto da uno scudo e da un cimiero. Lo scudo ha uno sfondo azzurro su cui si trovano tre teste di leone coronate d’oro, disposte due sopra ed una sotto, le due superiori sono” affrontate”, cioè si guardano. Il cimiero è composto da una testa di leone come quella presente nello scudo.

È giunta a noi anche un’altra variante del loro stemma, nella quale lo scudo rimane invariato, ciò che cambia è il cimiero: esso è formato da un moro dalla testa bendata e privo di braccia, vestito con i colori dello scudo.

Castel Belfort, in rovina, conserva ancor oggi, scolpita sul portale d’ingresso, l’insegna araldica dei Saracini.

LA FAMIGLIA CRESSERI

I Cresseri, originari della Lombardia, si trasferirono in Trentino, più precisamente a Vermiglio, in Val di Sole, da cui poi giunsero a Trento verso la metà del Cinquecento. Nel 1750 l’imperatrice Maria Teresa d’ Austria, dopo i vari titoli precedenti, elevò i Cresseri alla dignità di Baroni del Sacro Romano Impero. Nel 1753 c’è la conferma del titolo baronale, da parte del Principe Vescovo tridentino.

La famiglia fu proprietaria del Palazzo dalla fine del Seicento e nel Settecento. I Cresseri, già signori di Castel Pietra, attuarono una politica di espansione, imparentandosi con i più illustri casati trentini.

Il prestigio della famiglia è documentato anche dalla presenza di un’iscrizione, su lastra in marmo, sovrastante una porta d’accesso alle stanze, nel loggiato del primo piano della dimora. Nel 1777 l’illustre casato ospitò il Duca Guglielmo Enrico di Gloucester, fratello del Re Giorgio III d’Inghilterra, per un certo tempo; il soggiorno dell’augusto ospite in viaggio in Italia, si protrasse per consentirgli la convalescenza, dopo un malanno.

Lo stemma originario della Famiglia Cresseri, concesso da Maria Teresa, ha il campo dello scudo semipartito-troncato; quello più conosciuto e diffuso, ha invece “lo scudo inquartato: in 1 e 4, di rosso all’aquila coronata d’oro; in 2 e 3, di nero alla cometa d’oro posta in palo”. Nello scudetto al centro, “in cuore d’azzurro alla fenice d’argento al rogo rimirante un sole radioso nell’angolo in alto, alla sua destra”.

Il cimiero presenta a destra la cometa d’argento e a sinistra l’aquila coronata d’oro del campo dello scudo

LA FAMIGLIA PEDROTTI

La terza famiglia facoltosa, che acquistò il Palazzo ad inizio Ottocento, è quella dei Pedrotti.

Giovanni Pedrotti nacque a Rovereto nel 1867. Grande appassionato di botanica,

completati gli studi all’ Istituto Magistrale maschile, nel 1888 si iscrisse alla facoltà di Scienze naturali a Monaco, ma l’anno successivo passò alla facoltà di Giurisprudenza, a Roma.

Nel 1888, all’età di ventuno anni, ereditò dal prozio materno Pietro una grande fortuna. Il testamento conteneva però una clausola: il Pedrotti doveva trasferirsi da Rovereto a Trento, in modo da dedicare le sue risorse finanziarie e la sua attività alla rinascita economica e culturale della città.

Pedrotti accettò, diventando in breve tempo primo contribuente di Trento e protagonista della vita pubblica.

Il giovane rampollo, si adoperò per molte opere di interesse comune, per dare sviluppo e sostegno alla realtà trentina. Fu anche mecenate, importante la sua biblioteca personale con oltre 2600 volumi di vari generi letterari, anche in lingua tedesca e francese (parecchi i testi in copia unica ed i manoscritti di pregio). La sua figura fu emblematica del mondo notabiliare e insieme della sua radicale trasformazione nel corso del Novecento; svolse un ruolo importante anche nella scoperta e nella valorizzazione delle valli e delle montagne trentine, anche attraverso sovvenzioni per la costruzione di sentieri e rifugi. L’alpinismo per la sua generazione, non fu solo una passione, una pratica sportiva, ma assunse anche connotazioni patriottiche. Nel 1886 entrò a far parte della Società Alpinisti Tridentini (SAT), fu membro della sua Direzione dal 1889 al 1900.

Negli ultimi anni dell’Ottocento Pedrotti entrò nel Consiglio comunale di Trento, dove restò in carica fino al 1902 come rappresentante del partito liberale.

Ebbe un ruolo centrale nella realizzazione del monumento a Dante, un evento simbolicamente rilevante per l’affermazione della cultura italiana nel Trentino asburgico. Nel 1895 sposò Clotilde Rosmini, con la quale ebbe sette figli, tra questi Antonio divenne un noto compositore e direttore d’orchestra.

Nel 1905 inaugurò al Passo Pordoi un albergo di sua proprietà, in un clima dai forti accenti nazional-patriottici e di contrapposizione agli Asburgo.

Nel 1914, allo scoppio della guerra, firmò, assieme a Guido Larcher e a Cesare Battisti, la petizione al Re Vittorio Emanuele III, per l’intervento dell’Italia a fianco dell’Intesa. Durante il conflitto fu membro della Commissione per i profughi di guerra e fu critico nei confronti delle autorità di governo, impreparate a gestire lo sgombero dei territori e gli aiuti alle popolazioni.

Nel dopoguerra rientrò a Trento e per un certo tempo ricoprì ruoli importanti nella vita pubblica, fino al 1928 fu anche vicepresidente e poi presidente della SAT. Morì nel 1938, il 15 luglio, ad Andalo.

Il palazzo Saracini Cresseri divenne proprietà Pedrotti ad inizio Ottocento. All’archivio di Stato di Trento sono documentate ristrutturazioni, con un primo intervento nel 1862, denominato “rifabbrica della casa”.

Gli interventi progettati consistevano nella sopraelevazione di un piano dell’edificio, nell’l’inserimento ex novo di un vano scala alla destra del portico d’ingresso, nel il rifacimento dei solai al primo piano, con spostamenti, così come per le finestre sul prospetto verso il vicolo, in consorzio con il Barone Trentini. La decorazione pittorica della facciata, su schemi rinascimentali, di cui però non si è attuata una verifica di preesistenze, in occasione di recenti restauri, è da ascriversi proprio a tale rifacimento.

Antonio Pedrotti, figlio di Giovanni, nel 1954 decise di vendere il palazzo alla SAT, rifiutando di prendere in considerazione le offerte di altri acquirenti, pur se più vantaggiose.

LA S.A.T.

La SAT, Società Alpinisti Tridentini, fu fondata il 2 settembre 1872 a Madonna di Campiglio, da Prospero Marchetti e altri soci, con il nome di “Società Alpina del Trentino”, con l’intento di promuovere la conoscenza delle montagne trentine, lo sviluppo turistico delle vallate e “l’italianità” del Trentino, in un periodo, caratterizzato anche dall’influenza del Romanticismo. In tale atmosfera, si sviluppò una nuova sensibilità, un rapporto nuovo tra uomo e natura, tra città e paesaggio montano, che veniva percepito come luogo del sublime, emozionante, affascinante e coinvolgente, ma al tempo stesso temibile e potenzialmente pericoloso.

Questo nuovo interesse verso il mondo montano scatenò quella che potremmo chiamare una “gara” di scalate” alle varie cime e anche a questo proposito, si formarono gruppi di appassionati, come appunto la SAT. Nel 1881, fu costruito il Rifugio alpino Tosa, nel settore centrale delle Dolomiti di Brenta, il primo costruito dalla SAT. Nel 1908, al Congresso Polisportivo a Trento, la SAT inaugurò quattro nuovi rifugi e ne ampliò due. Nello stesso anno venne fondata la SUSAT, (Sezione Universitaria della SAT).

Nel corso della prima guerra mondiale, molti soci si arruolarono nell’esercito italiano, tra cui Cesare Battisti, Damiano Chiesa, Fabio Filzi, Guido Larcher, Tullio Marchetti, Giovanni Pedrotti ed altri, firmatari

della petizione a Vittorio Emanuele III. Non va dimenticato che fino al primo dopoguerra la storia della SAT si legò strettamente alle vicende storiche e politiche del Trentino.

Dal 1919 -1920 la SAT divenne sezione del Club Alpino Italiano (CAI), mantenendo le caratteristiche di autonomia, con uno Statuto speciale, conservando nome, stemma, i rifugi e gran parte dell’organizzazione precedente. Negli anni della Grande Guerra, si cominciò ad aprire l’alpinismo a tutti gli strati sociali, con la nascita della SOSAT (Sezione Operaia della SAT).

Nel 1926 il Coro della SOSAT tenne il suo primo concerto e nel 1928 nacque il Comitato scientifico della SAT, suddiviso nelle sezioni: glaciologica, limnologica e speleologica).

Nel 1952, grazie all’attività di Scipio Stenico, Mario Smadelli e Carlo Colò, SAT organizza, prima in Italia, il Soccorso Alpino.

Dal 1954, la SAT diventa proprietaria di Palazzo Saracini Cresseri e vi pone la propria Sede amministrativa e di rappresentanza.

Dagli anni sessanta, la SAT intraprese alcune battaglie ambientali e proseguì nella sua azione di tutela della montagna, di apertura e manutenzione di sentieri e rifugi. Nel 1972, in occasione del Centenario della nascita, la SAT raccolse e riordinò numerosi documenti, dando vita al “Museo Alpino” ed all’ “Archivio storico”.

La SAT attualmente conta circa 27.000 soci distribuiti su 87 sezioni, 10 Gruppi, 34 rifugi di proprietà, 5500 km di sentieri e 193 km di ferrate. Il Soccorso Alpino, con più di 800 volontari, suddivisi in 37 stazioni dislocate sul territorio provinciale, dal 2002 è parte della Protezione Civile. Tali numeri fanno del Sodalizio la più grande associazione trentina.

La SAT, oltre ad occuparsi principalmente di promozione turistica e di montagna, ambito che studia, esplora e tutela costantemente, organizza anche eventi, tra cui il famosissimo Festival della Montagna, escursioni, iniziative e corsi, atti a coinvolgere la cittadinanza e a far crescere la passione per il magnifico territorio che ci circonda.

Il Sodalizio può vantare una ricchissima biblioteca, visitabile, con oltre 50.000 volumi di varie epoche, documenti significativi ed un importante archivio fotografico. Tra queste antiche fotografie troviamo la raccolta “Vedute del Trentino”, un “reportage” delle bellezze paesaggistiche e naturalistiche del nostro territorio, a diverse quote, a cura del celebre fotografo Giovanni Battista Unterveger (1833 – 1912), realizzata per conto della SAT in occasione del Congresso Internazionale Alpino di Salisburgo, nel 1882.

Di particolare effetto e significato, la visione dei “Libri di vetta”, (particolare quello del 1903 “Guglia di Brenta, Campanil Basso”); una volta giunti in vetta gli escursionisti vi apponevano riflessioni personali, stati d’animo e qualsiasi altra annotazione, oltre alla data e al proprio nominativo.

Altrettanto significativi i “Libri firme” dei vari rifugi, di particolare rilievo quello del Rifugio Altissimo, sul Monte Baldo, inaugurato nel 1892, attuale Rifugio Damiano Chiesa. La SAT lo costruì tra il 1889 ed il 1891, poche decine di metri sotto la cima della montagna. Nel 1914 anche Fortunato Depero salì al Rifugio e su tale libro lasciò un disegno a penna intitolato “LINEE - FORZE (FUTURISMO)”.

Molto importante è anche il Coro della SAT, fondato nel 1926 dai fratelli Aldo, Mario, Enrico e Silvio Pedrotti (non erano parenti del proprietario del Palazzo), certamente è il più antico Coro di montagna, che ha collezionato, negli anni, riconoscimenti, premi e grande apprezzamento a livello mondiale ed è molto amato dalla gente trentina.

Arturo Benedetti Michelangeli, grande pianista e direttore d’orchestra di fama internazionale, si riuniva periodicamente con i coristi, per armonizzare le melodie.

Maya - Giulia - Matilde

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11/03/2020

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