Identità locale e lotte nazionali

Quando nel settembre del 1796 le truppe di Bonaparte fecero il loro ingresso nel territorio trentino, giunsero a sconvolgere una sistemazione territoriale plurisecolare. Dopo il conferimento agli inizi dell'XI secolo del potere temporale ai vescovi di Trento e Bressanone, le lotte feudali che fra Due- e Trecento avevano visto emergere la potenza tirolese ai danni dei due territori ecclesiastici avevano infatti modellato la regione trentina conferendo a essa un assetto politico-amministrativo complesso e articolato. Peraltro, erano queste le caratteristiche dell’intera carta giurisdizionale dell'Impero romano germanico, all’interno della quale il principato tridentino si situava ai margini meridionali. Con il concludersi delle vicende belliche quattrocentesche tra Venezia e Massimiliano I e con il passaggio, nel 1509, di parte del basso Trentino sotto la giurisdizione asburgo-tirolese, non intervennero più mutamenti sostanziali nel territorio, il quale si trovò pertanto suddiviso tra zone appartenenti alla contea del Tirolo e quanto rimaneva del principato vescovile di Trento.

La seconda metà del Settecento fu caratterizzata dal rafforzarsi dell'apparato statale asburgico e dalle pressioni modernizzatrici esercitate nei confronti dei vescovati limitrofi alle terre della Casa d'Austria - tra questi quelli di Trento e Bressanone - benché essi fossero membri "immediati" dell'Impero.

Le guerre francesi portarono nel 1803 alla secolarizzazione dei principati vescovili dell'impero, quindi, nel 1806, allo scioglimento della stessa compagine imperiale e al trasferimento dei territori compresi in quest'ultima, parte nel neocostituito Impero asburgico, parte nella Confederazione del Reno, creatura di Napoleone, e alla caduta di questi, nella Confederazione germanica.

Con la pace di Presburgo del 6 dicembre 1805 il Tirolo passò al regno di Baviera, affiliato alla Francia di Napoleone. Dopo il fallimento della rivolta hoferiana del 1809 la parte più meridionale del Tirolo fu agganciata al Regno italico, in seguito al trattato di Parigi del 1810.

Il definitivo riassorbimento della regione nell'impero d’Austria dopo la caduta di Napoleone, nel 1813, vide ricostituiti i due Circoli di Trento e Rovereto, nei quali il territorio trentino era stato suddiviso dopo la secolarizzazione del principato, facendolo così ricadere entro la provincia tirolese.

Un ruolo subordinato a quello di Innsbruck fu quello conseguito sotto la sovranità asburgica da Trento, la quale nel corso dell'Ottocento mostrò le proprie ambizioni a diventare punto di riferimento della parte italiana della regione tirolese. La città infatti si fece divulgatrice, soprattutto attraverso gli sforzi della sua classe dirigente liberale, del progetto di coagulazione di un territorio, il quale appariva tutt'altro che uniforme, intorno agli ideali nazionali, pur non essendo gli stessi, almeno nella prima metà dell'Ottocento, ancora connotati da un progetto politico mirante all'integrazione della regione in una futura nazione italiana.

Terreno di elezione per questa operazione che potremo definire di compattamento delle popolazioni locali nell’ambito di un territorio inteso quale entità unitaria – operazione dal cammino tormentato e dagli esiti non univoci – furono gli studi storici, ai quali si affiancarono nel corso del secolo quelli linguistici, in ossequio all'assunto ottocentesco che considerava la storia e la lingua come i fattori determinanti in maniera esclusiva l'appartenenza etnica. Su questi toni si svilupparono le future pubblicazioni regionali in ambito storico, coinvolgendo poi in tale analisi altre discipline.

Successivamente al '48 e fino alla prima guerra mondiale un notevole interesse suscitò la questione del nome 'Trentino', denominazione che a partire dai primi decenni dell'Ottocento si diffuse via via sempre più ampiamente tra gli abitanti della regione, mentre negli ambienti più influenzati dagli ideali nazionali ne veniva posta in rilievo la valenza polemica contrapponendo tale termine a quello ufficiale di 'Tirolo'.

Le pubblicazioni sulla storia regionale nel corso dell'Ottocento e in particolare dopo i moti del '48 si accrebbero formando una mole considerevole di contributi dalle caratteristiche più diverse. In essi veniva spesso evidenziato in maniera esplicita l'intento di far conoscere la realtà del piccolo territorio di confine alla nascente nazione italiana; altrettanto chiaramente, anche se più in sottofondo, emergeva la loro funzione nel rafforzare o forse proprio nel costruire, la consapevolezza di un'identità locale che attraversasse tutte le componenti sociali. Era infatti necessario cercare di guadagnare quella parte della popolazione, largamente maggioritaria, i cui interessi e valori propendevano ancora per la fedeltà dinastica nei confronti della Casa d'Austria, coinvolgendo l'intera area tirolese di lingua italiana, dunque anche quelle vallate che per tradizioni e ambiti economici guardavano ancora soprattutto a nord.

Negli ultimi decenni dell'Ottocento le pubblicazioni inerenti al Trentino furono condizionate dal vivace dibattito tra i fautori di un sentimento nazionale italiano e i pangermanisti; dibattito che contrappose sempre più due ambiti culturali, quello italiano e quello tedesco appunto, i quali, nei primi decenni del secolo avevano cercato di superare le reciproche diffidenze attraverso scambi fruttuosi anche nel settore degli studi storici.

L'evoluzione delle aspirazioni nazionali italiane e tedesche da un programma di sviluppo delle diverse componenti etniche, rispettose di una loro crescita reciproca, a una contrapposizione tra le stesse, guidate ormai nelle loro rivendicazioni sempre più dal binomio etnia-territorio, fu segnata, per quanto riguardava l'Europa centrale, dal clima venutosi a creare nella Germania dell'età guglielmina, cui guardava con simpatia anche la componente tedesca presente entro la monarchia asburgica, essendo quest’ultima ormai attraversata dai aspri dissidi di carattere nazionale. L'apertura di scuole tedesche ad opera del Deutscher Schulverein quale tentativo di snazionalizzazione della parte italiana del Tirolo suscitò aspri scambi di accuse tra pangermanisti e fautori dell'italianità, questi ultimi sostenuti da società come la Pro Patria, la Dante Alighieri e la Lega Nazionale. Gli studi storici, arricchiti da quelli glottolinguistici e toponomastici, furono protagonisti anche di questa stagione. Un capitolo a sé, rilevante per numero di contributi scaturiti da entrambe le parti, costituì il contenzioso sulle cosiddette isole linguistiche germanofone del Trentino, la val dei Mòcheni e le comunità di Lavarone e Luserna.

Verso la fine dell'Ottocento l'obiettivo della costituzione di un'unità e di un'identità regionale, sempre più in funzione dell'appartenenza alla nazione italiana, fu intensificato. Gli scritti di ambito storico trovarono una collocazione nelle riviste regionali che si costituirono a partire dagli anni Ottanta: "Atti dell'Accademia degli Agiati" (editi sistematicamente dal 1883), "Archivio storico per Trieste, l'Istria e il Trentino" (1881-1895, che veniva però pubblicato a Roma), "Archivio Trentino" (1882-1914),  "Tridentum" (1898-1913), la "Rivista Tridentina" (1901-1915), "San Marco" (1909-1915, rivolta al Basso Trentino e tesa ad evidenziare il secolo in cui quella parte della regione era appartenuta a Venezia), "Pro Cultura" (1910-1914 ).

Con i medesimi obiettivi agiva la Società degli Alpinisti Tridentini – di ispirazione irredentista come tutto l'associazionismo trentino di estrazione liberal-nazionale di quel tempo – con il suo Annuario, nato ancor prima delle riviste di cui sopra, nel 1874, poco dopo la fondazione del sodalizio. La SAT, promuovendo gli studi botanici, geologici, scientifici in generale e incentivando la nascente attività turistica, la cosiddetta "industria del forestiero", in opposizione ai club alpini germanici, tra cui il Deutscher und Österreichischer Alpenverein, legò la propria opera al tema della montagna, il quale rimase tra gli elementi portanti dell'identità regionale ben oltre il periodo delle lotte nazionali. A coronamento di questi sforzi sul finire del secolo Cesare Battisti pubblicava la sua opera generale sulla regione: "Il Trentino. Saggio di geografia fisica e di antropogeografia".

Di una specificità regionale, o della ricerca di essa, si tornò poi a parlare dopo l'annessione al regno d'Italia, quando anche una parte di quegli stessi ambienti culturali che erano stati filoitaliani volle mettere in evidenza per la Venezia Tridentina caratteristiche distinte dal resto del paese.

Nella realtà contemporanea le vicende passate del Trentino sono viste come la storia di un territorio di confine in senso lato, geografico, culturale e, pur fluttuante nelle diverse età, politico; un territorio dove caratteristiche diverse e per il passato inconciliabili paiono inevitabilmente stemperarsi. Il concetto di un Trentino come regione-ponte tra mondo italiano e tedesco sembra dunque ormai consolidato e indirizza da tempo gli studi regionali nelle più diverse discipline.