L’invenzione dell’Alto Adige

La battaglia di Ettore Tolomei per imporre l’utilizzo di tale denominazione per il territorio tra lo spartiacque alpino e il confine linguistico-geografico-storico del Trentino 

[ Biblioteca Archivio del CSSEO]

“Nell’autunno del 1926, nell’aula del Senato del Regno, una spinosa questione viene sottoposta all’attenzione di Benito Mussolini. Il senatore Ettore Tolomei reclama vigorosamente contro il quotidiano fascista di Trento, il “Brennero”, che da mesi ormai non utilizza più la denominazione “Alto Adige”, sostituita invece da quella di “Alto Trentino”. Il Duce garantisce che interverrà”.

Esordisce con questa affermazione Maurizio Ferrandi presentando “L’invenzione dell’Alto Adige”, l’incontro-dibattito che si svolgerà mercoledì 6 aprile alle 17,30 nella Sala degli Affreschi della Biblioteca comunale di Trento. Introduce Massimo Libardi. L’incontro, che fa parte del ciclo “Sguardi sulla storia del Tirolo”, è organizzato dalla Biblioteca Archivio del CSSEO, in collaborazione con la Fondazione Museo Storico.

È uno tra gli episodi forse meno noti, ma non per questo meno interessanti, della lunghissima battaglia che Ettore Tolomei condusse per imporre l’utilizzo della denominazione di Alto Adige per il territorio compreso tra lo spartiacque alpino e il confine linguistico-geografico-storico del Trentino – riprende Ferrandi -.

Si può partire da qui per analizzare il concetto di “invenzione” di un toponimo come quello di Alto Adige per giustificare e organizzare al tempo stesso una conquista del tempo politico e strategico. È una battaglia che i nazionalisti di tutti i tempi e di tutti i luoghi hanno combattuto nel momento in cui hanno rivendicato alla loro Nazione il possesso di quello o di quell’altro territorio.

È una battaglia che è stata combattuta con particolare durezza, a partire dalla metà dell’ottocento entro i confini del vecchio Tirolo.

Sulle macerie dell’antica contea e di due principati vescovili l’irredentismo pangermanista e quello italiano si sono ben presto tramutati in nazionalismo aggressivo e, l’un contro l’altro armati, hanno sfoderato tutto l’armamentario del caso.

È curiosa la totale simmetria fra le argomentazioni dei due opposti schieramenti. A Tolomei che rivendicava l’italianità dell’Alto Adige si contrapponevano i pangermanisti della Volksbund che negavano persino il diritto di usare la denominazione di Trentino.

La controversia si è poi allargata all’intero campo della toponomastica con la destituzione e l’italianizzazione di migliaia di toponimi. L’analisi storica si collega quindi con quella più squisitamente politica che ci riporta a un conflitto ancor vivo, in provincia di Bolzano, al giorno d’oggi, sempre sulla base del principio secondo cui le denominazioni di luogo divengono, attraverso la lente deformante di una determinata ideologia, i simboli obbligati del possesso di una determinata terra da parte di una determinata popolazione. E così le “invenzioni” divengono storia e, al tempo stesso, eredità politica che si tramanda di generazione in generazione.

Maurizio Ferrandi, giornalista per vocazione e tradizione familiare, ha lavorato per venticinque anni presso la RAI, dirigendo, per oltre tredici anni le redazioni in lingua italiana e ladina della sede di Bolzano. Nel corso di una lunga carriera ha lavorato anche presso le redazioni bolzanine dei quotidiani “Alto Adige” e “L’Adige” e presso TVA-Televisione delle Alpi. Messo da parte, negli ultimi anni, l’impegno redazionale, ha ripreso il filo di un antico e mai sopito interesse per la ricerca e la divulgazione storica centrato sulle vicende altoatesine del Novecento che lo aveva portato ad approfondire la conoscenza del “nazionalista di frontiera” Ettore Tolomei (“L’uomo che inventò l’Alto Adige”, Publilux, 1986). A questo volume si sono affiancati nel tempo diversi altri approfondimenti sui temi delle Opzioni del 1939 e della storia fieristica di Bolzano. Durante gli anni di lavoro presso la RAI ha realizzato tra l’altro programmi sulla chiusura del “pacchetto” (1992) e sull’Accordo De Gasperi Gruber (2006). Per l’annuario “Politika” ha scritto, nel 2011, un contributo sulla figura di Silvius Magnago e sul celebre discorso di Castelfirmiano. L’ultima sua monografia è “Mussolini e l’Alto Adige” (Curcu & Genovese, 2015). L’ultimo numero della rivista “Archivio Trentino” propone un suo saggio sulle corrispondenze di Luigi Barzini sulla situazione altoatesina pubblicate dal “Corriere della Sera” nel 1921.

Maurizio Ferrandi

05/04/2016

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