Le sorelle Macaluso

L’apice in un abbraccio, in una danza d’amore: fino a domenica al teatro Sociale di Trento 

L’apice in un abbraccio. Una danza d’amore, un uomo e una donna, una madre e un padre avvinghiati, silenziosi, leggeri come l’aria, biancovestiti e fluttuanti. All’inizio in primo piano, con un infinito prolungarsi dell’abbraccio sullo sfondo. Una danza d’amore e una danza di morte, un'unione oltre il tempo e lo spazio.     

Non conta cercare di catturare le parole delle sorelle Macaluso, le parole sono solo una sorta di corredo, a volte si mantengono volutamente oscure, diventano un lamento, un’invettiva, in altri momenti declinano in amara ironia, in risata che mantiene sulla difensiva in attesa dello scroscio di pianto.

Lo spettacolo inizia con qualche minuto di ritardo. C’è rumore nella sala, le luci all’improvviso si abbassano, nessun avvertimento di spegnere i cellulari, nessun richiamo al pubblico.

Eppure il silenzio in quel buio prolungato in cui sembra non succedere niente si fa perfetto, irreale quasi.

Si attende.

Ed ecco la prima figura nera sbucare dal nulla e avanzare in una danza solitaria, armonica ma al contempo disturbata da interruzioni, ripensamenti, come se qualche pensiero intervenisse a interrompere il flusso del movimento. Quindi altre figure nere, tutte vestite uguali, il palcoscenico si anima e forse non è più una danza, ma una processione, un rituale sacro.

Non è un giorno di festa.

La festa appartiene solo al ricordo, a quando le sorelle allineate nella zona più prossima al pubblico, iniziano, una dopo l’altra, ad abbandonare il nero e a indossare sgargianti abiti floreali, ciascuno di diversa foggia e colore.

Ed eccole bambine al mare, in un giorno di sole, giocano insieme a chi sta di più sott’acqua senza respirare.

Il gioco si trasforma in amaro, gli abiti neri tra poco saranno indossati di nuovo, esplodono recriminazioni, sensi di colpa soffocati affiorano, il ritmo oscilla, ora si fa quasi violento,quindi dolcissimo, infinito.

Le sorelle Macaluso, come raccontarle? Sono pura emozione.    


29/04/2016

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