Prometeo Capovolto con Michela Cescon
RIPRENDERSI IL TEMPO
La narrativa di Anna Banti con Giuliana Misserville e Michela Cescon
a seguire LAVINIA FUGGITA un melologo dal racconto di Anna Banti con Michela Cescon, Tullio Visioli e Livia Cangialosi produzione Teatro di Dioniso
Lavinia Fuggita è per Cesare Garboli il racconto più bello di tutto il Novecento, per Emilio Cecchi il componimento in cui si ha la piena, splendida misura del talento di Anna Banti. Difatti questo racconto è proprio bello: genera una specie di incantamento. La storia racconta di Lavinia, una ragazza orfana che, agli inizi del Settecento, viene raccolta dall’Ospedale della Pietà di Venezia, dove impara a suonare e a cantare. Lavinia diventa maestra di coro e scopre di avere istinto e capacità compositive. Spinta da una scellerata, invincibile e quasi dolorosa forza creatrice, sostituisce le partiture, che le danno da copiare, con le sue invenzioni musicali. Una di queste è proprio l’esecuzione del maestro Don Antonio Vivaldi, precettore presso l’Istituto. Scoperto il fatto, e il quaderno che contiene tutte le composizioni della ragazza, Lavinia viene pesantemente punita e umiliata durante un giorno di festa in gita alle Zattere. Quel giorno, fiera della sua intelligenza e bellezza, scompare, forse in un veliero grosso arrivato da lontano, e di lei nessuno saprà più nulla.
Il racconto della Banti ha una perfetta e raffinatissima coesione di forma e di intreccio. Fin dal titolo, senza pudore a nasconderlo, sappiamo che una certa Lavinia fuggirà; il segreto della storia è quindi già da subito svelato ma la costruzione del racconto penetra pagina dopo pagina in intensità e senso. Una prosa eccezionale, quasi di poesia, colta ma nello stesso tempo leggera, e di rara sensibilità sulla condizione del genere femminile quando si fa artista, sulla voluttà e la potenza di una forza creatrice che impone di rompere le regole, di forzare l’ordine delle cose, di superare il limite, come se avere talento fosse quasi una maledizione. Lavinia tornerà da dove è venuta, dal nulla, e a noi non serve sapere né dove è fuggita, né se tornerà: rimangono stupore e benessere.
E’ da tempo che desidero affrontare ad alta voce questo racconto, difficilissimo da trovare. L’ho con me da diversi anni, racchiuso in una raccolta di quattro racconti di Anna Banti pubblicata nel 1951, Le donne muoiono. Insieme a me altre voci a formare un melologo, genere perfetto per questa scrittura, per i passaggi emotivi della storia, la coralità dei personaggi descritti e l’ambientazione veneziana: un pianoforte, un flauto, un clarinetto del ‘700, un flauto di canna, e due voci che cantano, una maschile e una femminile.
Anche la mia voce parlata è strumento musicale e fin dalla drammaturgia il testo sulla carta diventa una partitura, un pentagramma. Ad accogliere il pubblico ci sarà fin da subito un acquario sonoro per immergersi nelle acque della laguna veneta e per prepararsi tutti insieme a questo tuffo dentro la grande letteratura.
Fondamentale la collaborazione con Tullio Visioli, compositore di rara raffinatezza, esperto conoscitore di musica barocca, con cui abbiamo lavorato per trovare la cifra musicale corretta del racconto in un equilibrio delicato tra il settecento vivaldiano e la figura popolare ed evocativa di Lavinia, portando chi ascolta in un’altra dimensione. Vivaldi componeva musica sacra per le Figlie di Choro all’Ospedale della Pietà di Venezia, dove insegnò per circa quarant’anni, tra il 1704 e il 1740, e dove compose gran parte del suo lavoro, compresa la sua opera più conosciuta,
Le quattro stagioni. I manoscritti delle sue musiche infatti erano sempre accompagnati dai nomi delle ragazze dell’orfanotrofio che le eseguivano, per esempio: Pelegrina dall’Oboe, Prudenza dal Contralto, Candida dalla Viola, Lucietta Organista, Anna Maria dal violin…
Da qui l’idea del racconto della Banti, che fu scritto nel 1950, prima della grande riscoperta di Vivaldi, che risale al 1957 e che, fino ai giorni nostri, ha fatto del compositore veneto un vero e proprio fenomeno musicale. Anche in questa occasione la Banti ha dimostrato intuito, personalità e profonda capacità di scoprire il vecchio per raccontare al nuovo: “presente e passato sono un istante da catturare e stringere come una lucciola nella mano” (dal suo ultimo romanzo Un grido lacerante ).
Per la sfrontatezza con cui in Lavinia Fuggita si racconta la libertà del talento, per la città di Venezia narrata con i suoi canali, l’acqua, le gondole, e poi per Chioggia, quando mi avvicino al racconto della Banti mi torna sempre in mente una foto di Eleonora Duse in gondola, nel 1890, scapigliata, selvaggia, circondata dall’umidità e dalla salsedine. Come Lavinia
attraversa la laguna con alle spalle proprio le Zattere e le mani sui fianchi, segno di adorabile sfrontatezza e impeccabile equilibrio. A lei dedico questo racconto.
Michela Cescon