Il Museo geologico di Predazzo

Riaperto il 19 agosto completamente rinnovato: Rosa Tapia, responsabile organizzativa del museo, ce ne racconta le specificità 

[ Muse, Trento]

Ottimo riscontro di pubblico presso il Museo Geologico delle Dolomiti di Predazzo, sede territoriale del Muse di Trento, che il 19 agosto ha riaperto, completamente rinnovato: duemila visitatori nei primi quattro giorni.

Un museo di lunga tradizione, nato nel 1899, che oggi ambisce a raccontare la storia delle Dolomiti di Fiemme e Fassa e il loro millenario rapporto con il territorio attraverso un approccio museologico contemporaneo. Una porta sulle Dolomiti, Patrimonio Mondiale dell’Unesco, che permetterà ai visitatori di immergersi nei paesaggi dolomitici scoprendone storia e significato.

“Molto positivi i commenti del pubblico – racconta Rosa Tapia, responsabile organizzativa del museo, curatrice del progetto di riallestimento insieme con Marco Avanzini, Massimo Bernardi e Riccardo Tommasoni, geologi del Muse -. Entrando, la prima cosa che cattura è il profumo di legno e, non a caso, il museo si apre con un richiamo evocativo alla stua dell’albergo Nave d’oro di Predazzo – prosegue -. Nel XIX secolo, infatti, la struttura rappresentò un importante punto d’incontro per naturalisti e scienziati che animarono la riflessione attorno alle teorie sulla formazione delle rocce. Non più la concezione di una Terra statica, ma in continuo mutamento, in cui magmi vulcanici fuoriescono continuamente dalle profondità e penetrano negli strati rocciosi preesistenti”.

Non è senza motivo, dunque, che a Predazzo esiste un museo geologico: è la stessa storia del luogo a dare conto di questa scelta. 

Nel momento dell’inaugurazione, la famiglia Giacomelli - proprietaria della Nave d’oro (la struttura è stata demolita negli anni sessanta del Novecento) – ha formalmente consegnato al museo i quattro registi che testimoniano il passaggio di studiosi e scienziati nel centro dolomitico.

Documenti amministrativi, ancora una volta, diventano dunque importante fonte di ricerca per ricostruire la storia dei luoghi e raccontarla. Nel nuovo allestimento, infatti, i registri degli avventori e i quadri dei protagonisti della ricerca ottocentesca diventano parte di un’esposizione che si completa con un apparato multimediale interattivo che permette di immergersi nel clima culturale e nell’atmosfera cosmopolita dell’albergo storico, sfogliando i libri degli ospiti dell’albergo e incrociando i loro nomi con le loro storie e le vicende della ricerca.

“Interessante notare anche come l’hotel si trovasse in piazza centrale, proprio di fronte alla sede del nostro museo – riprende Tapia -. L’esposizione sull’intero piano terra prosegue con lo spazio dedicato alle Dolomiti Patrimonio naturale dell’Umanità, Unesco. Idealmente viene raccontata tutta l’area dolomitica, e se si traccia un’ellissi immaginaria, è interessante notare che al centro si pone ancora Predazzo”.

Il museo si sviluppa poi nell’interrato. “Il visitatore può entrare nella ricostruzione in legno di un condotto vulcanico e assistere alla virtuale eruzione del magma, trovandosi immerso in una sorta di caleidoscopio in cui la materia si trasforma – spiega ancora Tapia”.

L’allestimento prosegue sviluppando il tema della geologia. 

Il percorso presenta le caratteristiche geologiche, ambientali e paesaggistiche dei gruppi montuosi attorno a Predazzo: un viaggio tra le Dolomiti di Fiemme e Fassa, nelle loro peculiarità e nei loro rapporti con i massicci montuosi circostanti: il Lagorai, il Catinaccio, il Sella, la Marmolada, i Monzoni. 

“Ma quale concetto guida la narrazione? – si chiede la curatrice -. Non proponiamo un racconto cronologico dei fenomeni geologici, ma piuttosto la geologia e il territorio raccontati attraverso la geografia. Le montagne attorno a Predazzo sono rappresentate attraverso cinque isole tematiche che corrispondono ai cinque gruppi montuosi che circondano il borgo. Di ciascuno di essi si offre una lettura trasversale che dai primi insediamenti si apre su altre prospettive. La formazione delle rocce, certo, ma anche la montagna sconvolta dalla guerra e il rapporto dell’uomo con l’entità complessa che ora chiamiamo territorio” conclude.

redazione

27/08/2015