Sottoterra

Il lavoro dei minatori trentini in Belgio e l'opera di Calisto Peretti alle Gallerie di Piedicastello

[ Fondazione Museo storico del Trentino]

Alla fine della Seconda guerra mondiale gli italiani in Belgio sono circa 30 mila. Tra il 1946 e il 1961, il loro numero salirà a più di 200 mila, su una popolazione totale che conta poco più di nove milioni di abitanti.

Per il Belgio l'afflusso migratorio di quegli anni è necessario per vincere una sfida: la “battaglia del carbone” lanciata dal primo ministro Achille Van Acker per la sopravvivenza economica del settore carbonifero belga, carente di manodopera, e la rinascita generale del Paese, ancora piegato dalle conseguenze del conflitto.

Per l'Italia, guidata dal governo di unità nazionale di Alcide De Gasperi, sostenere l'emigrazione di massa verso il Belgio significa assicurarsi un importante quantitativo di carbone che da sola non è in grado di produrre per scarsità di materie prime. Ma anche poter contare sulle “rimesse” in denaro inviate da un intero “esercito” di lavoratori. Una fonte di ricchezza irrinunciabile per far fronte ai debiti internazionali e avviare la rinascita economica del paese.

Sono questi i presupposti che portano i due Paesi verso il famoso scambio “minatore-carbone” e alla firma dell'accordo del giugno 1946. L'Italia si impegna a inviare fino a 2000 minatori italiani a settimana nelle miniere belghe in cambio della fornitura, a condizioni favorevoli, di almeno 2500 tonnellate di carbone mensili da parte del Belgio.

I minatori inviati in Belgio sono contadini, artigiani e operai, provenienti da tutte le regioni italiane, Trentino compreso. Dalle valli di Cembra e Non, dalle Giudicarie, dalla Valsugana, dall'Alto Garda, dalla Vallarsa e dall'altopiano di Lavarone sono in molti, dopo il '46, a mettersi in cammino verso Milano.

Da qui partono pieni di speranze e aspettative per un viaggio in treno che può durare oltre venti ore. Hanno letto nei propagandistici manifesti rosa della Federazione carbonifera belga (Fédéchar) il racconto di una vita nuova, più dignitosa per se stessi e per le proprie famiglie.

Ad attenderli alla stazione d'arrivo, però, c'è ben altro.

Lo capiscono mentre il treno supera lentamente il settore riservato ai passeggeri e prosegue oltre, verso la zona adibita allo scarico delle merci, dove gli italiani vengono assegnati ai pozzi, caricati su un camion usato per il trasporto del carbone e accompagnati verso il loro nuovo destino. Ignoto, come il mestiere che per contratto dovranno svolgere nei mesi successivi. Sotto terra.

Là, nelle oscure profondità, l'unico conforto saranno gli idiomi familiari degli italiani arrivati anni prima per fuggire, oltre che dalla miseria, dal fascismo.

Come accadde negli anni '30 al padre di Calisto Peretti, l'artista che con la sua opera ci conduce lungo il percorso della mostra in una sorta di dialogo surreale tra arte e lavoro. 

Anche Peretti ha conosciuto il buio della miniera, lavorando per tre anni come cronometrista. Anche lui ha assaporato il piacere agognato della pausa tra una mansione e l'altra. Anche lui ha rivolto al destino la semplice preghiera di poter vedere, ancora una volta, il colore del cielo.

Ma lo ha fatto con la matita e col pennello. Restituendo giustizia e dignità a corpi e a volti consumati dal lavoro. Dando voce e visibilità a quel variegato universo della fatica che ci apprestiamo a raccontare. 

Sottoterra. 

Note biografiche su Calisto Peretti 

I genitori di Calisto Peretti arrivano in Belgio nel 1930 in fuga dall'Italia fascista. Lasciano Trissino, un paese in provincia di Vicenza, per stabilirsi a Saint-Ghislain, nel Borinage. Qui nasce Calisto il 29 marzo del 1937. Sei mesi dopo, il padre morirà a causa delle conseguenze del suo duro lavoro in miniera. 

Calisto, che fin da piccolo dimostra uno spiccato talento per il disegno, cresce con il desiderio di ricostruire la vita del padre mai conosciuto e con la volontà di scoprire personalmente il misterioso mondo della miniera ricomposto, nella sua immaginazione di ragazzo, attraverso i simboli, i racconti e le storie dei tanti minatori amici.

Entra in miniera con il compito di misurare la durata di ogni mansione legata al processo di estrazione del carbone.  

Insieme al forte desiderio di impegno sociale, il suo senso artistico assorbe l'estetica di quell'ambiente sotterraneo. I corpi dei compagni di lavoro, curvi sotto il peso della fatica e tratteggiati nella luce fioca di una lampada, posano inconsapevoli per Calisto Peretti. Il pittore dei minatori. 

Hector Flamme, il capo del servizio sicurezza della miniera, un giorno si accorge della qualità dei disegni di Calisto. e decide di commissionargli la realizzazione di una serie di manifesti per la prevenzione degli incidenti in miniera. I manifesti sono collocati in punti strategici, ben visibili a tutti gli operai, e la chiarezza del messaggio è garantita dalle metafore che Peretti utilizza nel realizzare i suoi disegni: dai cavi elettrici che diventano serpenti fino ai binari che si trasformano in trappole mortali.

Tommaso Pasquini e Vittorino Rodaro - curatori della mostra

09/03/2016