Dosso Sant' Ippolito
Al termine degli scavi l’area è stata sistemata, realizzando un’area di visita che conserva a vista il perimetro delle due abitazioni scavate inserite in un contesto a parco pubblico di proprietà e gestione comunale.
A seguito si ritrovamenti e segnalazioni occasionali, indagini di scavo promosse tra il 1977 e il 1979 dall’allora Servizio beni e attività culturali hanno permesso di riportar alla luce il sedime di due distinte costruzioni, parte di un più esteso abitato collocato sulla sommità del dosso. Loro caratteristica tecnica è la condizione seminterrata, ricavata incidendo con taglio vivo e profondo la roccia. Spazi che dimensioni, forma, sistemi d’accesso (interessante il corridoio con gradini che porta in uno dei vani) propongono caratteri costruttivi propri delle popolazioni indigene del mondo alpino-“retico”. Del tutto scomparse le parti in alzato, in materiale deperibile (legno in particolare) testimoniate solamente da pochi indizi strutturali superstiti. Piani in legno rialzati mantenevano confortevole l’interno, che aveva anche uno spazio domestico distinto e dotato di focolare. Canalizzazioni interne servivano a drenare l’acqua d’infiltrazione, mentre dei piccoli pozzetti posti al di sotto del pavimento (uno nella casa a sinistra e due in quella a destra) servivano forse anche da piccoli silos per conservare delle derrate alimentari.
Collocazione topografico-culturale
Se dei reperti culturali riportano a forme occasionali di frequentazione dell’area già nell’età del Bronzo finale, forse legate a prospettori minerari alla ricerca di rame, è nelle seconda età del Ferro che il dosso diventa sede stabile e permanente di un insediamento abitato. Esso sorge e perdura per alcuni secoli, fra il IV secolo a. C. e il I dopo, con una particolare vitalità verso la fine del millennio. I materiali rinvenuti indicano una significativa dinamicha di relazioni riconducibili alla posizione strategica del sito, nel punto di transito più elevato di un’importate via di collegamento trasversale tra Alpi e regioni dell’ alto Adriatico, tra comunità “retiche” e Veneti. Posizione che l’insediamento sfrutta in maniera molto evidente come confermano i reperti mobili rinvenuti che hanno riferimenti con le popolazioni dell’area anaune e atesina, da un lato, con quelle dell’area veneto-friulana e sloveno-balcanica, dall’altro. Se l’insediamento sfrutta a proprio vantaggio la posizione, gli abitanti mantengono comunque proprie forme di sussistenza e artigianali producendo quanto di primario loro serve coltivando poderi, allevando del bestiame e esercitando la pastorizia (tradizione questa molto radicata e di lunga durata per i tesini). A confermarlo la suppellettile quotidiana, attrezzi, utensili e resti faunistici.
L’abitato entra in sofferenza, si spopola e scompare con la prima età romana imperiale. Gli ultimi riferimenti significativi di vita sono del vasellame da mensa d’importazione, qualche anfora e qualche monile d’ornamento personale cui si aggiungono, segno di una diversa economia, delle monete dell’età augustea e claudia, che a fatica superano la metà del I secolo d. C.
Il sito archeologico
Al termine degli scavi l’area è stata sistemata, realizzando un’area di visita che conserva a vista il perimetro delle due abitazioni scavate inserite in un contesto a parco pubblico di proprietà e gestione comunale.