La storia del naufragio del Conte Rosso in un ex voto al Museo diocesano tridentino

"Mio padre si è imbarcato nel 1941 a Marsala sul Conte Rosso. Per ore rimase in mare appeso a un legno": il racconto della figlia Giovanna Tomasi  

[ Archivio storico fotografico Soprintendenza per i beni culturali]

Così le mostre possono diventare anche occasione per intrecciare fili dispersi, per ricostruire frammenti di storie , custodite in qualche cassetto della memoria ma pronte a sprigionare intatta la loro carica vitale. Storie intrise di profondo significato. Culturale, certo, ma anche e soprattutto umano nel senso più ampio del termine, quello da cui è la stessa cultura a trarre nutrimento e sostanza. Micro e macro storia s’incontrano, rispecchiandosi l’una nell’altra.

E proprio con il suo racconto, Giovanna Tomasi ci rende partecipi di quanto è accaduto al padre Guglielmo durante la Seconda guerra mondiale (la grande storia, appunto) e come lo spunto a narrare tale vicenda le sia stato dato da un quadro restaurato da Roberto Perini e Maria Luisa Tomasi nel Laboratorio di restauro storico-artistico della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia di Trento, esposto presso il Museo diocesano tridentino. Ricordiamo che la mostra sugli ex voto del Santuario di Montagnaga di Pinè si articola su due sedi: accanto a quella del Diocesano, si consiglia di visitare l'allestimento di Torre Vanga.  

“Una cugina di mia madre, ha visitato la mostra sugli ex voto al Museo diocesano di Trento – spiega -. Durante il percorso, la guida si è soffermata, tra le altre, sull’unica testimonianza esposta che aveva come soggetto il mare. Sollecitata dalla notizia riportatami da mia cugina, ho partecipato all’inaugurazione della seconda tappa della mostra, presso Torre Vanga. Qui ho incontrato la curatrice e le ho chiesto se potesse interessare la vicenda cui fa riferimento l’ex voto con soggetto marino, che riguarda mio padre.   

Mio padre si è imbarcato nel 1941 a Marsala sul transatlantico Conte Rosso per raggiungere l’Africa. Non sapeva nuotare e, in una sorta di presentimento, prima di imbarcarsi aveva acquistato una cintura di salvataggio fatta con il sughero. Un siluro ha centrato la nave, che in pochi minuti è affondata. Mio padre raccontava di essere sott'acqua e di sentire il petto che gli scoppiava, finché venne spinto in superficie da una cassetta di legno. Riprese fiato e si affidò alla Madonna di Pinè mentre un compagno gli si attaccava alla cintura.

-          Tomasi se mi salvi di do tutta la mia proprietà – gli disse.

Entrambi durante la notte vennero salvati. Mio padre aveva un piede maciullato, ma appena arrivato a Trento è andato, con una scarpa e un piede malandato, tutto fasciato con delle pezze, a piedi da Villamontagna a Montagnaga di Pinè. Ha poi commissionato a un pittore l’ex voto che racconta la storia.

La signora Tomasi ci ha inviato il giornalino dei Fratini di Villazzano dell’aprile-maggio 1942 che ripercorre la vicenda. Lo alleghiamo come testimonianza di grande interesse, e ne riportiamo di seguito alcuni tratti principali che riportano allo spirito dell’epoca.

“Nel paesetto di Villamontagna si faceva un gran parlare sul ritorno del compaesano Guglielmo Tomasi e sulla bontà del suo cuore pieno di fede. Appena disceso alla stazione di Trento e abbracciati i suoi, ancora digiuno volle dirigersi verso il Santuario di Pinè con un compagno (...)

Alla gioia per il suo ritorno perciò si aggiunse un'alta ammirazione per la pietà di quell'ottimo giovane e si diceva che veramente si era meritato la protezione del Cielo, perché prima di partire al principio di quel maggio era andato in pellegrinaggio a Pinè, i suoi compagni lo avevano visto con ardenti preghiere raccomandare la sua vita alla cara Madre divina.

La sera quando lo seppero tornato dal Santuario, i compaesani in gran numero erano attorno alla sua casa impazienti di sentirlo raccontare (...)

'Ai 23 maggio - disse - ero pronto per salpare. Avevo il presentimento di andare verso una disgrazia e perciò prima di salire sulla magnifica nave mi comperai e indossai tosto il costume da bagno, la cintura di salvataggio fatta di sugheri, e soprattutto volli cucirmi addosso con una pezzuola le belle immagini dell'Immacolata e del mio caro S. Antonio (...)

All'alba del 24 la nostra bella nave parte, col mare fortemente agitato (…)

Dopo cena, invito il mio amico Coradi e gli altri Trentini a fare una passeggiatina lungo il parapetto del nostro transatlantico e così tenerci allegri (...) Al vedere me solo in costume da bagno, con la cintura di salvataggio, tutti i passeggeri si mettono  a ridere. Ma io ho il presentimento certo della disgrazia e mi rido delle loro risa. Anzi, incontrando un marinaio triestino, gli domando: - Nel caso che dovessi saltare in acqua, quanta aria devo aspirare?

- Pieni polomoni - risponde:

Un’ora dopo le coste sono già lontane più di 100 km (...) L'orologio della nave ha battuto appena le ore 21, quando improvvisamente due gigantesche fiammate si slanciano una dopo l'altra verso il cielo, due colpi secchi e fragorosissimi fanno sobbalzare la nave, stramazzano  a terra i più vicini, scuotono tutti con violenza. Cosa è successo? - due grossi siluri hanno colpito la nave, e ne hanno squarciato orribilmente la parte anteriore (…)

Dopo cinque minuti la nave si mette su di un fianco e affonda sott'acqua tutta la prua. Allora il capitano, tra lo spavento di tutti, grida: abbandonare la nave. Bisogna saltare in acqua o rassegnarsi ad essere inghiottiti col transatlantico (…)

Sono in acqua e dopo qualche minuto vedo la grande nave mettersi in posizione verticale, innalzar la poppa per circa 60 metri sopra il mare e poi precipitarsi come piombo nell'abisso (…)

Io da quell'aria vengo lanciato con forza contro l'elica di bronzo (...) Vengo travolto con la nave (...)

Finalmente la forza del gorgo si rallenta, mi abbandona e i due sugheri rimasti alla cintura mi fanno risalire. Tenevo sempre la bocca chiusa strettamente. Ma alla superficie del mare mi aspetta un alto strato di nafta (…)

Una cassa portata dalle onde con un colpo mi sospinge, mi porta a galla e finalmente posso respirare. Mi aggrappo a quella cassa e poco sotto sento un altro naufrago annaspare (…)

Ad ogni  momento devo compiere uno sforzo enorme per non essere staccato (…)

Verso le due del mattino, finalmente appare in distanza una macchia: è una nave di salvataggio

redazione

09/07/2015

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