Natura Luce

Le Visioni di Attilio Forgioli sul paesaggio dell’Alto Garda al Mag 

Attilio Forgioli, Il lago di Tenno, 27 luglio 2015, pastelli a olio su carta, cm 45x70 [ MAG Museo Alto Garda]

Stavamo andando a Riva. Dal cielo non cadevano uccelli nel lago, ma dal battello vidi nell’acqua un gabbiano
che galleggiava. Era un pallido uccello quasi un foglio di carta.

Avevamo a sinistra la parete della montagna con le case addossate alla riva. C’era l’acqua e la parete e da secoli gli uomini abitavano questo piccolo paese di Campione.

Forse fino ai primi anni del secolo scorso raggiungibile solo dal lago. Questo gruppo di case con la montagna nera
che la sovrasta è un luogo che amo dove però non potrei abitare. È troppa la tensione di questa bellezza per viverci.

Questa montagna, queste acque le conosco da quando ero bambino. Su questo lago sono nato e ci ritorno anche per ritrovarmi. Da Salò a Riva ci andai in bicicletta che avevo quindici anni e salii alla cascata del Varone.

Nell’agosto dello stesso anno feci il primo campo scout a Ballino e conobbi quel vento.
Dopo Natale, per anni, salivamo da Limone fino al passo Nota, ai Fortini e sul confine, in una caserma austriaca, aspettavamo la neve e la fine dell’anno.

Fu dopo i vent’anni, tornando da Milano dove facevo l’Accademia di Brera, che capii mentre uscivo da una galleria della Gardesana, e dopo averlo già letto, che Kafka aveva visto quei luoghi.

Li conosceva, quella tensione era nei suoi racconti e a Riva aveva vissuto due volte ai primi del Novecento, nel sanatorio in riva al lago. Poi scrisse un breve racconto dove il cacciatore Gracco arrivò in barca una sera nel porto di Riva.

Attilio Forgioli

08/04/2016

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